Note di regia di "Fuori dalla Citta'"
Il racconto dell’infanzia, soprattutto se si usa il mezzo cinematografico, si espone deliberatamente al rischio della retorica e della nostalgia. La scrittura della sceneggiatura, soprattutto se si tratta dell’esperienza di chi la scrive, oltre a tener conto di questo rischio, deve anche considerare che il periodo della vita che noi usiamo definire infanzia è irriducibilmente proprio e, allo stesso tempo, essenzialmente comune a tutti gli uomini e le donne. La scrittura e la resa scenica devono quindi mantenere un difficile equilibro tra un’esperienza che è irriducibilmente personale e, allo stesso tempo, fondamentalmente universale. La resa cinematografica della sceneggiatura di Fuori dalla città vuole essere il punto di ideale equidistanza tra la sensibilità dell’autore-sceneggiatore e la sensibilità del regista, che si incontrano, per così dire, a metà strada per approdare a un possibile risultato di sintesi e di universalità. Lo sfondo è un ideale “mondo antico” in cui la natura è il mezzo in cui il bambino si muove e fa le prime esperienze, e la casa è il luogo in cui l’idillio dei rapporti familiari comincia a incrinarsi per far emergere la reale natura ambivalente dei rapporti umani. Il bambino, che vedeva il suo mondo come conchiuso e autosufficiente, si rende conto dell’irrealtà di tale percezione, e se ne comincia ad allontanare. Il percorso verso l’età adulta è tracciato. All’adulto spetterà poi di salvare dalla sua infanzia quel nucleo allo stesso tempo vitale, perturbante e inafferrabile senza il quale l’adultità non sarebbe che un errore.
Brace Beltempo and Domenico Lombardini