Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Prisma"


Note di regia di
Cinque anni fa ho avuto abbastanza casualmente l’opportunità di raccontare storie di persone più giovani di me, avendo come mentore la showrunner norvegese Julie Andem. Colei cioè che aveva recentemente riscritto le regole della narrazione per ragazzi, elevandola a genere con una propria dignità autorale e capace di parlare al pubblico di tutto il mondo.Dopo cinque anni sulle sue tracce, ho sentito il bisogno di prendere tutto quello che avevo imparato e di provare a fare qualcosa di completamente nostro.

Qualcosa che muovesse dalla nostra osservazione della realtà, del nostro contesto. Qualcosa che dimostrasse che non eravamo stati solo dei bravi adattatori ma eravamo in grado di offrire una nostra prospettiva su quel mondo. Una narrazione nuova, che mettesse insieme anni di studio e osservazione di quel mondo con la nostra personale idea di cinema e la nostra estetica.Siamo partiti da un fatto. Tutti quegli anni ad incontrare persone più giovani di noi ci avevano mostrato chiaramente come molti dei dualismi che fino alla mia generazione erano stati dei dogmi inscalfibili, per loro non lo erano più. E non parliamo solo di orientamento sessuale e identità. Parliamo di una generazione che sembra vivere e scegliere gli spazi di mezzo nel senso più esteso possibile. Una generazione e un mondo in cui lo stesso concetto di diversità sembra non essere più in grado di descrivere il reale. Perché se non c’è più convergenza rispetto a un’idea di normalità, non può esserci nemmeno rispetto a quella di diversità. Non più normali, non più diversi. Solo un’infinità di esistenze uniche. Abbiamo preso a prestito l’immagine del Prisma ottico, che riesce a scomporre la luce, solo apparentemente bianca, nell’infinito spettro di colori che la compone. Il bianco, il canone, non esiste. È solo una sintesi affollata.E noi abbiamo provato ad evitarla, quella sintesi, dando spazio e tutta l’ampiezza cromatica di Andrea, Marco, Carola, Nina, Daniele, prima di tutto, ma anche tutti gli altri personaggi che gli si muovono intorno. Maschile / femminile, eterosessuale / omosessuale, campione / loser, abile / disabile, mondano / solitario, creativo / esecutore, giusto / sbagliato, forte / fragile. Sono categorie che attraversano i nostri personaggi e si mescolano tra loro senza mai trovare un punto di equilibrio.E forse anche per questo abbiamo deciso di ambientare la nostra storia a Latina, una delle città italiane meno conosciute e dall’identità più sfuggente.

Fondata durante il fascismo sulle terre strappate alle paludi dalla bonifica integrale e stretta tra le architetture razionaliste del centro, i laghi costieri e le dune di Sabaudia, Latina non assomiglia a nessuna altra città italiana. Una provincia piena di spazi, di verde, di natura incontaminata, che contrasta con case popolari brutaliste, villette a schiera, un grattacielo e una centrale nucleare in fase di smantellamento.Un territorio pieno di colori, di contrasti, di bellezza e di degrado, di modernità e di nostalgia.E per questo c’era bisogno di un linguaggio diverso da quello che avevo sempre adottato. Non bastavano più i primi piani stretti per indagare gli sguardi. Bisogna fare qualche passo indietro per osservare anche gli spazi. E i tempi. E questo ha costretto me e chi ha lavorato con me ad adottare nuove soluzioni.Il tutto senza perdere però di vista alcuni degli aspetti a cui sono e sarò sempre più legato: la cura per la colonna sonora e per la scelta degli interpreti.Chiunque abbia recitato in Prisma, ed era praticamente per tutti la prima esperienza, non ha solo restituito meravigliosamente le battute che avevamo scritto, ma le ha filtrate attraverso il proprio sguardo, il proprio punto di vista sul mondo. E questa pioggia di sguardi, sommati a quelli di tutti coloro, tanti, che mi hanno affiancato, sono stati davvero determinanti nello sviluppare quella ampiezza cromatica che, almeno nelle intenzioni, volevamo restituire.

Ludovico Bessegato