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ALICE NELLA CITTA' 25 - Dal 13 al 23 ottobre


Presentata la sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle giovani generazioni. Da Russell Crowe a Paul Mescal, un programma ricco di sorprese. Unico italiano in concorso è IL CERCHIO.


ALICE NELLA CITTA' 25 - Dal 13 al 23 ottobre
Si svolgerà a Roma dal 13 al 23 ottobre 2022, nel quadro della Festa del Cinema, la XX edizione di Alice nella città, diretta da Gianluca Giannelli e Fabia Bettini e organizzata dall’Associazione Culturale PlayTown Roma, con il sostegno della Direzione Generale Cinema del MiC, della Regione Lazio, del Comune di Roma in collaborazione con la Fondazione Cinema per Roma e Auditorium della Conciliazione.

Dopo il successo della passata edizione, anche quest’anno, l’Auditorium della Conciliazione affiancherà l’Auditorium Parco della Musica e il Cinema Giulio Cesare per accogliere il programma ufficiale del festival. E non solo. Grazie alla collaborazione con Urban Vision, che metterà a disposizione i suoi maxi-schermi, Alice nella città estende la sua programmazione anche nelle Piazze della Capitale con la proiezione dei contenuti extra e degli incontri con i protagonisti di questa edizione.

Da sempre attenta ai temi legati alle giovani generazioni, Alice nella città presenta un programma di anteprime assolute, esordi alla regia e conferme originali: 12 le opere del Concorso e 3 i film Fuori Concorso a cui si aggiungono, nella sezione competitiva Panorama Italia, 8 film in concorso e 5 proiezioni speciali che pongono l’accento sul cinema italiano, con proiezioni di film e documentari. Sono inoltre 4 Eventi Speciali a cui si affianca la selezione Sintonie, linea di programma pensata in collaborazione con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia e che accoglie 4 film presentati quest’anno nella Sezione Orizzonti. In programma anche 1 serie, 1 restauro e 28 cortometraggi (16 in concorso, 7 animazioni e 5 proiezioni speciali) selezionati in collaborazione con Premiere Film.

I 12 film in concorso trovano in MARCEL THE SHELL WITH SHOES ON un’apertura ideale. Dean Fleischer-Camp dirige un racconto straordinariamente efficace di parole e immagini, ispirato a una serie di cortometraggi in stop-motion sul valore dei sentimenti e dei legami affettivi. Marcel è una conchiglia parlante, alta un pollice con un solo occhio e un paio di scarpe da ginnastica, che vive in un Airbnb e sembra discendere direttamente da "Il piccolo principe" di Antoine de Saint-Exupéry. Il film racconta di noi, del nostro modo di essere e di comunicare, dei nostri desideri e delle nostre ansie, dei nostri ricordi e delle nostre aspettative. Un viaggio che spazia tra il reale e l’immaginario e racchiude un enorme senso di meraviglia. Un perfetto film ponte per riscoprire il senso dell’esperienza cinematografica con i propri figli.
Alla base della messa a fuoco dei film in concorso quest’anno, c’è una curiosità profonda verso l’età di mezzo, verso i riti di passaggio osservati nella loro autenticità, senza narcisismi, infingimenti o idealizzazioni. Le immagini che fioriscono nella memoria di questi racconti sono materia prima, riflettono il valore del vissuto di autori affermati e giovani esordienti, tutti ispirati da testimonianze ed esperienze personali, legate alla concretezza di un ricordo d’infanzia, ricche di verità nascoste mai del tutto bianche o del tutto nere. Un viaggio nella memoria che James Gray, in ARMAGEDDON TIME, trasforma in qualcosa che riguarda l’incapacità di dare espressione ai desideri e alle legittime aspirazioni. Ci parla della difficile necessità di scendere a patti con i limiti e le mancanze. Per Paul (il sorprendente Banks Repeta) le ferite della coscienza si aprono di fronte al compromesso dei rapporti più intimi.
Gli fa eco la complessità dei legami familiari di SIGNS OF LOVE di Clarence Fuller che solleva riflessioni sulla vita e sui possibili modi di stare al mondo di un adolescente che sta cercando di uscire da un ambiente tossico. Il film di Fuller è un puzzle familiare dentro e fuori dallo schermo, i protagonisti sono interpretati dalla coppia madre-figlia nella vita reale Rosanna Arquette e Zoë Bleu, insieme ai fratelli Dylan Penn e Hopper Penn. Per lo sceneggiatore e regista James Morosini il rapporto con il padre (Patton Oswalt) è legato al ricordo di un inganno. Il suo I LOVE MY DAD mette in luce la crudeltà della farsa e lascia che la dinamica genitore-figlio rimanga sospesa nel dolore reale, ispido e inquietante, di una genuina bugia.
Uno spunto ideale che il regista francese Simon Rieth ha esplorato fino ai limiti più profondi. SUMMER SCARS (Nos Cérémonies) è un debutto a combustione lenta. Funziona come una metafora sulla potente natura degli attaccamenti familiari, sul mistero di un ricordo scomparso nelle profondità delle ferite dell'infanzia e delle loro disastrose conseguenze nell'età adulta. Ferite che per Pilar Palomero diventano in LA MATERNAL il punto di partenza per raccontare una storia di maternità, forza, coraggio e superamento ma anche di isolamento, paura e abbandono. Palomero (Premio Goya per il miglior film con Las Niñas) sceglie ancora l’adolescenza come innesco per raccontare il nostro tempo senza (pre)giudizi.

Una sfida vitale che costringerà Carla, interpretata da Carla Quílez, nel suo primo ruolo cinematografico, a conoscersi meglio per capire il mondo che la circonda, compreso il rapporto instabile e complesso con la madre.
Sono ragazzi che rivendicano il loro spazio nel mondo, quando l’identità incerta inizia a chiedere chiarimenti e nello stesso tempo bisogna imparare a fare i conti con un’inesorabile miscela di dubbi, paure e turbolenze interiori, i protagonisti di CLOSE. Ancora una volta il regista belga Lukas Dhont, con il suo secondo lungometraggio, toglie la pelle al reale. Riporta la storia di un limbo emotivo alle sue ossa, alla purezza di un'età in cui le emozioni sono meno inibite dall'idea di norme o costrutti sociali. Ci racconta di una vicinanza – titolo stesso del film – che riesce ad essere sia straziante che piena di speranza. Anche per Trevor Anderson l'infanzia è un periodo pieno di tumulti costanti. La storia di Robin, protagonista queer della sua opera prima BEFORE I CHANGE MY MIND, interpretato dall'attore adolescente non binario Vaughan Murrae, trae spunto dall’esperienza personale del regista. A prima vista il film sembra perseguire l’agenda di tanto cinema sociale, ma in realtà cerca in modi diversi di raccontare l’adolescenza com’è davvero, con tutta la sua ambigua, inconsapevole e profonda complessità.
Ed è proprio nell’importanza di far confluire la realtà nel cinema, di mediare tra l’una e l’altro, che troviamo il senso del lavoro della documentarista Sophie Chiarello. Lungo i cinque anni di riprese, la classe filmata diventa il ritratto di un Paese che si evolve e la cui identità cambia e si trasforma. IL CERCHIO - unico film italiano in concorso – non è un documentario sui bambini ma con i bambini, un documentario che parla di loro ma anche di noi, gli adulti; un diario indispensabile all’elaborazione del mondo di oggi, in cui si specchia quello di domani.
Il cinema, dunque, come educazione alla vita. Per Lise Akoka e Romane Guéret l’infanzia non è un santuario, ma un luogo di libertà. Dopo il cortometraggio Chasse royale e la webserie Tu préfères – dove già si mostra tutta la loro attenzione per il mondo dei minori -, le parole, le fantasie e i dubbi dei ragazzi di LES PIRES (opera prima premiata nella sezione Un Certain Regard a Cannes) sono lo spunto ideale per una riflessione meta-cinematografica più profonda sui limiti e le inadeguatezze del mondo adulto, in cui le registe si pongono il problema della conoscenza della realtà e soprattutto sulla possibilità di fare cinema verità.
La grande letteratura per l’infanzia ci ha insegnato che le fiabe hanno le loro radici nella realtà e non nella fantasia come a qualcuno piace credere. La regista franco-senegalese Maïmouna Doucouré (Cuties) ha ancorato il suo secondo lungometraggio alla fiaba contemporanea, al sogno inaccessibile di un’adolescente audace e determinata. HAWA (interpretata da un'eccezionale Sania Halifa) offre spunti di profondissima riflessione sulla norma e sul diverso che sempre ci portiamo dentro, sull’importanza di distinguersi per rincorrere i propri desideri se ci aiutano a vivere meglio. Nel privilegiare la soggettività dei bambini, Éric Lartigau (La Famille Bélier) torna ad esplorare il disaccordo essenziale tra il modo in cui i più piccoli e gli adulti interagiscono con il mondo. Interpretato da Gael Garcia Bernal, Chiara Mastroianni, Marina Foïs, CET ÉTÉ-LÀ (tratto dalla graphic novel di Jillian Tamaki e Mariko Tamaki) è un percorso di indagine sui grandi riti di passaggio della vita, è una storia di crescita che vede a confronto tre generazioni, in tre distinte età, in cui l’incomunicabilità la fa da padrona.

FUORI CONCORSO

Con il suo primo lungometraggio, AFTERSUN (prodotto da Barry Jenkins), la sceneggiatrice e regista Charlotte Wells crea un ritratto sottile e nostalgico di una relazione padre-figlia. Il film della Wells è essenzialmente un gioco a due che si lega al filo narrativo del concorso. La sensibilità umana con cui crea i personaggi di Calum (interpretato dalla star di Normal People Paul Mescal, protagonista con la regista di un incontro con il pubblico) e di sua figlia di undici anni Sophie (Francesca Corio) è di una grazia immensa: li differenzia, li rende complessi, unici, ne costruisce le reciproche relazioni, ne racconta il loro spessore umano, senza mai giudicare, senza mai farsi avanti, prendendoli per mano. Ciò che resta nei ricordi ricostruiti da una Sophie adulta (Celia Rowlson-Hall) è più una poesia che un semplice frammento di memoria.
A HOUSE MADE OF SPLINTERS è uno di quei documentari che interagiscono davvero con l'esistenza. Il regista danese Simon Lereng Wilmont torna in Ucraina per raccontare le vite dei bambini che vivono alla periferia del conflitto russo-ucraino in corso. Invece di concentrare la sua lente su coloro che sono in prima linea, Wilmont sceglie di mostrare l'effetto devastante della guerra sulle famiglie, attraverso i ritratti di Eva, Alina, Sasha e Kolya.
Non ci sono risposte facili per i bambini di Lysychansk, ma l'attento lavoro di osservazione e il chiaro rapporto con i bambini riescono a catturare lo spirito dell'infanzia con incredibile onestà, autenticità e cura, offrendo anche piccole schegge di speranza. PIGGY è qualcosa di decisamente diverso da tutti i film del programma. È un film di genere con qualcosa di importante da dire al mondo adulto. Qui l'adolescenza è presentata in modo discreto, nella sua forma più brutale. Tenuto magistralmente dalla performance di Laura Galán nei panni di un’adolescente tormentata, il film di Carlota Pereda (ispirato al suo cortometraggio del 2018, "Cerdita”) mette in primo piano la durezza del bullismo, offrendo uno sguardo inquietante sulle paure, sia razionali che irrazionali, e sul senso di colpa di un adolescente ferito.
Il più indissolubile dei binomi adolescenza-corpo è il fulcro narrativo del lavoro diretto da Cosima Spender (SanPa - Luci e tenebre di San Patrignano) e Valerio Bonelli, qui al debutto nella fiction. Il team di sceneggiattrici Ilaria Bernardini, Chiara Barzini, Ludovica Rampoldi e Giordana Mari consegnano al pubblico un thriller di formazione intelligente e pungente che ha la giusta misura di giovinezza e rischio, voglia di crescita e paura di cambiare mentre si alternano competizione sfrenata e amicizia inossidabile, violenza fisica e psicologica, patti di sangue, baci e fughe notturne, prove di resistenza e allucinazioni da farmaci. CORPO LIBERO è una serie, basata sull’omonimo romanzo di Ilaria Bernardini edito da Mondadori che debutterà in streaming su Paramount + il 26 ottobre e dal 2023 su Rai2.
Ci sono testimonianze che di fronte alle tragedie della vita sono capaci di nitidezza ed autenticità rare che dovrebbero essere ascoltate. BACKLASH: MISOGYNY IN THE DIGITAL AGE di Léa Clermont-Dion e Guylaine Maroist (in collaborazione con la Casa Internazionale delle Donne) è un’immersione nel vortice della misoginia online che racconta l’evidente odio verso le donne. Su come la misoginia dilagante in rete rappresenti un grave problema, spesso minimizzato e non preso in considerazione, che può rivelarsi determinante nella propria carriera e vita privata. Questo tour de force rivela gli effetti devastanti che tale odio impenitente ha sulle vittime e porta alla luce il singolare obiettivo della cyber-misoginia: mettere a tacere le donne che eccellono.

29/09/2022, 15:11