Note di regia de "Il Cerchio"
Chi sono i bambini di oggi, cosa pensano, e come vedono il mondo adulto? Per trovare le risposte a queste domande, ho deciso di entrare con la telecamera in una classe appena formata di prima elementare. Con una cadenza regolare, per l'intero ciclo di cinque anni, ho partecipato in classe ai cerchi organizzati dalla maestra: il cerchio, in una prassi ben conosciuta dai pedagoghi, rappresenta uno spazio fisico e mentale nel quale i venti bambini della sezione B si sono seduti in tondo per parlare, ascoltarsi e confrontarsi su temi di ogni genere. Nel Cerchio volevo che a parlare fossero i bambini, che ci fosse la loro voce, con meno filtri possibili. È qui che l’approccio visivo al film credo trovi la sua peculiarità. Ho cercato di rendere il “mezzo cinema” il più invisibile possibile, spogliandomi dell’apparato tecnico, riducendolo all’indispensabile e portando l’obiettivo della telecamera all’altezza del loro sguardo. Il tempo che passa e l’impronta che lascia sulle persone e le micro-società mi appassiona da sempre. Lungo i cinque anni di riprese, il film racconta l’esperienza di un vissuto che assomiglia a volte a un’utopia. La classe filmata diventa il ritratto di un Paese che si evolve e la cui identità cambia e si trasforma. Quanto a me, il percorso dei bambini s’intreccia inevitabilmente con il mio: realizzare questo film è stato anche un modo per rituffarmi nella mia esperienza di figlia di emigrati italiani in Francia, che ho raccontato nel mio precedente lavoro, Ritails. Con i bambini del Cerchio sono cresciuta, sulle orme del loro sguardo ho trovato il mio, e nel vociare rumoroso e disordinato della scuola, ho trovato la mia voce e forse ho anche capito quale adulto vorrei essere.
Sophie Chiarello