FESTA DEL CINEMA DI ROMA 17 - "La Cura" di Patierno

Francesco Patierno non è mai stato un regista banale. L'autore partenopeo a vent'anni dalla sua opera prima, "Pater familias", ha saputo destreggiarsi tra documentari d'inchiesta e di spettacolo e film tra i più vari, da "Il mattino ha l'oro in bocca" a "La gente che sta bene", ma anche con storie meno "pop" come il curioso "Cose dell'altro mondo": ora con "La cura", liberamente ispirato a "La peste" di Camus, aggiunge un nuovo tassello, un progetto tanto insolito quanto interessante da scoprire.

C'è un film "classico" che una troupe prova a girare a Napoli, nei giorni precedenti al peggior momento del lockdown. Vorrebbe essere la versione del romanzo di Camus attualizzata (un parallelo che spesso è stato fatto in quei giorni del 2020, tra quello scritto e la nostra realtà), ma la lavorazione si scontra con ciò che accade intorno.
E allora il film si sdoppia, diventando da un lato il racconto del set (con alcune scene di quella storia) e dall'altro la documentazione di ciò che alle vite di regista, cast e troupe succede, in quei momenti. Tra chiusure e divieti di movimento, contagi e paura.

Non sempre il doppio binario regge, la scrittura dei due spezzoni procede irregolare e non tutti gli attori riescono a non perdersi (bene Di Leva, sempre attento; meno convincente Francesco Mandelli, chiamato a una prova complessa; un po' anonimi gli altri, da Preziosi a Renzi).

Ma a perdersi (ed è voluto, crediamo) è anche chi guarda, spiazzato da una narrazione inusuale: chi recita e chi viene mostrato nella sua quotidianità? Cosa è accaduto davvero e cosa è stato immaginato? E poi da chi, da Camus o da Patierno? "La cura" è un progetto inusuale, in cui i difetti di certo non mancano ma in cui in ogni scelta si respira la voglia di non essere banali. Riuscendo.