Note di regia di "Fino al Mare"
“Fino al mare” è una fiaba culturale.
Un corto plasmato dall’inventiva di un gruppo di giovani artisti incrociatisi in una residenza realizzata da Art. 33 – Cultural Hub a San Giovanni a Teduccio, il quartiere più a sud del Comune di Napoli. Un’idea bizzarra ma al tempo stesso efficace.
Il mio percorso lì è stato scandito da diverse “rivelazioni”, la prima delle quali, la più banale, legata alla semplice provenienza degli altri partecipanti. Credevo di essere il solo legato a quella a San Giovanni (con la mia famiglia originaria del luogo e io che l’ho abitato nei miei primi anni di vita) ma presto ho scoperto che come me, anche gli altri, chi per un motivo chi per un altro, lo erano. Questo ha fatto sì che le giornate iniziali di esplorazione del territorio le affrontassimo tutti con l’occhio attento di chi vuol scoprire di più d’un luogo a lui caro e non con la semplice curiosità di un filmmaker esterno chiamato a lavorare lì.
Siamo riusciti a mettere subito a nudo le nostre esigenze.
Avevamo appreso tante storie interessanti, collezionando elementi di denuncia sociale principalmente legati ai luoghi lasciati all’incuria e all’erosione dopo decenni di sfruttamento massivo da parte delle grandi aziende (poi spostatesi a nord o all’estero per avere maggiori profitti) che hanno inquinato le acque e i terreni e separato il quartiere della vista del mare.
Compreso che era impossibile raccontarle tutte, abbiamo individuato 2/3 situazioni che avremmo voluto descrivere in maniera maggiore ma ci serviva un collante.
È Noemi, la protagonista, a proporre l’idea della rider. Una ragazza in bicicletta che attraversa le strade di San Giovanni per consegnare pacchi nei luoghi più emblematici che avevamo visitato e che, nello spostarsi da un ambiente a un altro, ci permetteva di dare un piccolo accenno a ciò che abbiamo tenuto a cuore del quartiere (come il Forte Vigliena degradato) ma che per esigenze di trama non abbiamo potuto trasformare in storia.
L’Art. 33 lancia il progetto “San Giovanni tra fuoco e mare” finanziato dal Ministero della Cultura e noi raccogliamo al volo l’opportunità di mettere ognuno di noi in questo corto, esorcizzando progetti passati venuti male o mai completati, vincendo la prova di sentirci finalmente valorizzati e resistendo imperterriti al Covid che ci ha fatto rimandare le riprese da fine estate 2020 a primavera 2021: se non avessimo avuto così a cuore quel luogo, perché legato al nostro passato, non tutti saremmo tornati a dar vita con ancor più amore a quel corto.
Trovato il filo conduttore, diventava più chiara la voglia di uscire dalla solita narrazione realistica e provare a giocare con gli archetipi del Fantasy per raccontare (ed esorcizzare) la realtà: la Principessa nasce come immagine di quell’aristocrazia che aveva reso importante San Giovanni e il Miglio d’Oro e che ora resta rintanata nelle sontuose ville ai margini del quartiere (separata da quel popolino con cui non osano più confrontarsi) e per questa sbiadita come un vecchio ricordo del tempo che fu.
Il signor Trucchetto – narrano le leggende – è il nome di uno scassinatore della zona ingaggiato dai lavoratori stagionali della famosa fabbrica di pomodori per vendicarsi dei soprusi dei dirigenti e ottenere condizioni di lavoro migliori. Un moderno Zorro che si scontrò coi potenti a difesa dei più deboli ma che finì ben presto lui stesso ma con un occhio ammaccato come un Pirata perché caduto di un’imboscata da parte di alcuni “signori perbene”. Ovviamente a soldo dei padroni.
L’Orco, che in una storia riveste sempre il ruolo del cattivo, è qui l’immagine della classe operaia dapprima sfruttata dalle Grandi Fabbriche (e resa invalida – nel fisico quanto nella psiche – dal lavoro usurante e senza sufficienti controlli) e poi lasciata morire a sé stessa quando quel lavoro è stato portato via a tutto il quartiere verso lidi più profittevoli.
A questi si è aggiunta Arianna, la ragazza che “si arrangia” facendo la rider per crescere suo figlio, che manca da casa tutto il giorno e a sera deve inventarsi di tutto pur di renderlo felice, come un bel racconto sulla spiaggia. Arianna è il nome della principessa di Creta che guidò Teseo nell’uscita dal labirinto del Minotauro col suo filo rosso. La nostra Arianna è la rider in bicicletta rossa che si muove in lungo ed in largo per la cittadina e alla fine riesce a trovare, in un modo o nell’altro, l’uscita verso il mare che San Giovanni a Teduccio, nonostante i chilometri di costa, possiede solamente in tre punti.
Un mare accennato, odorato, udito per tutto il suo viaggio ma solo alla fine svelato.
Sulle riprese ho poco da aggiungere: Noemi la rider si è capottata sulla bici appena ci è salita sopra, fanno da sfondo alle corse in bici alcuni luoghi a me cari (come il palazzo Feltrinelli sul Ponte dei Francesi, che è stata la mia prima casa e dove i miei nonni hanno vissuto quasi 40 anni), abbiamo immortalato quante più viste iconiche di San Giovanni (come la rotonda Maradona nel Bronx) e siamo riusciti a non ammazzarci durante il camera-car fatto sull’intero corso San Giovanni tra auto in transito, binari del tram e Daniele (co-regista con me e DOP) mantenuto nel bagagliaio della sua utilitaria dalla presa salda dei nostri musicisti.
Ovviamente, l’unica scena totalmente all’aperto è stata anche l’acme di complessità del progetto, con le batterie per gli schermi esterni saltate, siamo riusciti a portare a casa le riprese di Arianna coi Pirati con io che facevo da focus-puller guardando dallo schermetto del cellulare di Daniele, stando in due, in bilico, su un piccolo masso che ci permetteva di avere il taglio più ottimale dell’inquadratura.
E poi come non dimenticarci di Roberto, il produttore esecutivo, trasformato il capo-ultras e messo ad accendere i fumogeni per la scena dell’ingresso in bicicletta di Arianna in mezzo ai due centauri interpretati da Ilaria e Alessio del Macadam.
Alla fine, in un modo o nell’altro, siamo riusciti, seppur a distanza di mesi da quanto avevamo pianificato, a trasformare un progetto prossimo alla cancellazione in un prodotto che sta contribuendo a rilanciare l’attenzione mediatica verso il quartiere di San Giovanni a Teduccio.
Chiudo con Trucchetto: fin dalla prima stesura del Soggetto abbiamo individuato in lui il personaggio positivo che la nostra protagonista avrebbe incontrato nella sua strada, influenzati forse dal racconto che avevamo saputo di lui. Un personaggio che ha già perso un occhio per le sue azioni ma che non ha paura a guardare oltre quel muro di mattoni e bruttezza che ingabbiano i personaggi della nostra storia e di rimando gli abitanti del quartiere. San Giovanni è in un labirinto, è sul mare ma è come se fosse prigioniero del suo passato, e chi riesce anche poche ore la sera a scendere in spiaggia per guardarlo, lasciandosi dietro quella Babilonia di palazzi e calcestruzzo, forse può ritenersi tra mille prigionieri una persona libera.
Pasquale Fresegna