DO UT DES - Un revenge movie contro la violenza di genere
Francesca è una studentessa universitaria e si guadagna da vivere facendo la fotomodella, ha un passato doloroso che la tormenta e condiziona il suo presente. Leonardo, un imprenditore di successo, le fa una corte spietata, lei pur avendo grandi difficoltà a fidarsi delle persone a poco a poco cede al suo corteggiamento cambiando per sempre il suo destino. Presto un’altra donna, Emanuelle, entrerà nella vita di Leonardo e tra i due si instaurerà un gioco di seduzione sadico nel quale fino alla fine non si capirà chi ha il controllo totale sull’altro.
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Do ut des", film diretto da
Dario Germani (“The Slaughter - La Mattanza”) e
Monica Carpanese, sin dai primi minuti rivela la crudezza di una storia simile alle tante che ascoltiamo spesso ai telegiornali o nei talk show, che occupano le pagine dei quotidiani, che sul web diventano presto di “tendenza” suscitando indignazione, rabbia, paura, fatti di cronaca nera per i quali gli opinionisti chiedono a gran voce provvedimenti, interrogandosi sulla natura umana e sulla società. Sesso e intrigo, potere e perversione per un revenge movie psicologico che ricorda nella trama e nel risvolto finale i film del regista Adrien Lyne (“Attrazione fatale”, “L’amore infedele”), che mescolano erotismo, violenza e follia mostrando il volto più torbido dell’essere umano, le conseguenze spesso tragiche di passioni incontrollabili e spesso malsane.
Leonardo, l’imprenditore protagonista del film, è un incrocio tra il Christian Grey della saga erotica di “Cinquanta sfumature di grigio”, dedito al bondage e a sadici giochi sessuali, e un noto imprenditore che nella realtà è stato condannato per lo stupro di due modelle, famoso per i suoi festini a base di alcol e droga. Emanuelle è la donna che scompagina il suo equilibrio e la sua sicurezza, che diventa presto un’ossessione, portandolo al limite delle sue stesse passioni, e presentandogli poi il conto delle sue azioni.
Un film che raccontando il modo malato il corpo delle donne, che diventa un semplice oggetto a disposizione di bisogni perversi, svuotato della sua dignità, del suo essere, denuncia senza filtri la violenza di genere. E non c’è redenzione, né consolazione per una storia che nella realtà si ripete, raccontata recentemente con dinamiche lievemente diverse dal film di Ivano De Matteo “Mia”.
03/05/2023, 18:49
Caterina Sabato