Note di regia di "Devoti Tutti"
Sebbene il martirio di Sant’Agata sia avvenuto nel 251 d.C., la storia di quella violenza sessuale è modernissima e forse più urgente che mai ora che la campagna #metoo ha incoraggiato un più ampio pubblico a riflettere sulla violenza di genere. Attraverso Devoti Tutti ho voluto dare ad Agata, la donna sopravvissuta alla crudele tortura dell’amputazione dei seni, una voce e forma affinché potesse narrare il mito della propria vita: un mito che è stato raccontato per quasi duemila anni, sia dalla chiesa cattolica sia dalle tante versioni pagane che si sono diffuse di generazione in generazione, da pescatore a pescatore, da suora a suora. Ho unito la voce di Agata a quella di Angela, survivor catanese e madre single, una sorta di moderna Agata. Moltissime sono le donne che si confrontano con il trauma della violenza sessuale. Non volevo raccontare semplicemente la liberazione simbolica di Agata – che giunge infatti solo a chiusura del film. La realtà e la verità della violenza di genere è tale che solo pochissime donne riescono effettivamente a superarla e, come vediamo attraverso la storia di Vera, la cui figlia è stata uccisa in un brutale femminicidio, la maggior parte delle donne non supera mai il dolore della violenza né la perdita di una persona cara. Ho scelto il genere ibrido delle animazioni magico-realiste tramite rotoscopio al fine di mostrare che il processo di ripresa dall’abuso sessuale “potenzia le nostre ali” – come i seni volanti di Agata ci ricordano. Questo film desidera porsi come intervento femminista e personale: mia figlia ha interpretato Agata per il rotoscopio, e mio figlio ha interpretato San Pietro sulla vespa e ha composto una delle canzoni, e molti altri mi hanno aiutata a realizzare questo film, dallo splendido duo dei montatori Stefan Fauland, Austriaco, e Edoardo Morabito, Siciliano, all’incredibile attrice Donatella Finocchiaro, la cui bellissima voce catanese è stata essenziale per questo lavoro di dare vita ad Agata. Per il carattere di Agata, così come per la sindrome di Stoccolma che essa vive rinchiusa nella cella della Cattedrale, ho preso ispirazione dal fondamentale libro Trauma and Recovery di Judith Herman.
Bernadette Wegenstein