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LOCARNO 76 - Zambrano: "Una risata contro la violenza"


Intervista alla regista di "Rossosperanza", in concorso internazionale al festival di Locarno.


LOCARNO 76 - Zambrano:
Annarita Zambrano è al festival di Locarno con la sua opera seconda, "Rossosperanza", la storia di quattro figli "reietti" di gente perbene che vengono rinchiusi in una struttura in cui si cercherà di farli tornare "normali". L'abbiamo intervistata pochi minuti prima della prima proiezione pubblica.

Dopo la proiezione stampa e le prime interviste che impressione ha dell'accoglienza al film?

Non mi fido dei giornalisti, meglio attendere i pareri del pubblico: nessuno mi dice che gli ha fatto schifo, forse lo preferirei!
Certo che rispetto al mio primo film, che era molto serio, molto austero, qui l'empatia che si trasmette è molta di più, è un film più colorato, più burlesco, che si prende meno sul serio... Diciamo che finora mi sembra piaccia.

"Rossoperanza" ha molte differenze rispetto all'opera prima, "Dopo la guerra"...

Vero, ma ci sono anche molte affinità. Questo film ce l'ho sempre avuto dentro, non credo molto nelle idee che a un certo punto "arrivano"... conosco colleghi che a volte ci mettono dieci anni a realizzarle.
Non ero pronta fino ad ora ad affrontarla, ero in un momento della vita diverso, ma questa è una storia più mia: mi serviva iniziare con un film come "Dopo la guerra", più francese, anche per regolare un certo tipo di conti con il passato, da affrontare in maniera austera, coscienziosa e politica.
"Rossosperanza" è una storia più privata, personale e anche dolorosa, ma con un tono inversamente proporzionale, più nero ma anche più divertente.

I quattro attori principali sono (quasi) tutti all'esordio.

Il film precedente è stata un'eccezione, tutti i miei corti - che sono stati una decina - li ho girati con adolescenti. Sono stati una grande gavetta per me, adoro lavorare con loro: per anni ho anche insegnato in una importante scuola di recitazione in Francia, che è anche stato il mio terreno di ricerca, mi tengono giovane. Anche perché la mia età mentale è bloccata a 17 anni e mezzo!
Gli attori li ho scelti con i provini, cercavo persone che mi somigliassero nell'anima ed è stato così, oguno di loro ha qualcosa di me. Credo poco nel concetto degli attori "da riempire", amo quelli che sono già pieni di cose che riusciamo a rivelare lavorando insieme. Sono tutte persone molto intelligenti, profondissime.

Questo film è una commedia, ma non una banale commedia.

Da sempre mi dicono che devo fare la commedia, finora invece avevo solo fatto dei "piombi"... anche i miei corti sono di una pesantezza infinita!
Non ci riuscivo prima a fare la commedia, ero terrorizzata, è difficilissimo: pensavo, e se poi non ride nessuno? Allora ho fatto una tragicommedia, utile anche per far passare questa violenza che se no sarebbe stata troppo dura, dolorosa. Non volevo raccontarla in modo frontale, anche se in Italia di solito si fa così.
Io sono più Petriana, più Bellocchiana, meno neorealista: credo che sia il modo giusto per sperare di far arrivare qualcosa ai più giovani, ammorbarli non serve a niente. E poi è il mio modo per salvarmi da questa storia, dal mio passato.

Andrea Sartoretti interpreta tre ruoli diversi ma in fondo uguali.

Lui rappresenta il potere, che in Italia è legato quasi sempre all'uomo sopra i 50-60 anni. Oggi, rispetto agli anni '90 in cui sono cresciuta io e in cui ambiento il film, i ragazzi hanno nuovi mezzi di comunicazione che noi non avevamo e con cui si possono esprimere. Può essere positivo o negativo il modo in cui lo fanno, ma c'è per loro uno spazio di espressione. Poi è vero che oggi il potere ce l'hanno i figli delle persone che erano al potere allora... ma almeno nel mio film, almeno al cinema ho voluto far andare le cose diversamente!

Nel film si mischiano anche molti stili diversi.

Sì, ogni personaggio ha avuto un trattamento cinematografico diverso: ad esempio Marzia ha un passato da serie Z, con personaggi che descrivo come già morti senza saperlo, infatti a un certo punto sono vestiti da zombie; Alfonso invece si filma (oggi lo fanno tutti, allora c'erano le primissime telecamere video) e vive del riflesso di se stesso, che è diverso da quello che il padre vuole per lui.
Adriano invece lo abbiamo sviluppato con l'animazione: lui è un personaggio poetico, avevo voglia di non metterlo in mezzo alla realtà cinematografica filmata. Per gli inserti animati ho scelto Alessandro Rak, abbiamo lavorato tanto, ho scritto tutto scena per scena anche perché lui è molto esigente. Mi ha insegnato tantissimo: volevo imparare una cosa nuova, se no che lo faccio a fare questo mestiere!

Dopo Locarno arriva l'uscita in sala: con che emozione si avvicina alla data?

Sì, usciamo il 24 agosto... Se non spero, non vivo, ma è ovvio che posso giusto contare nell'eventuale passaparola: esco lo stesso fine settimana di Nolan... più che sperare non posso, magari accade il miracolo!

10/08/2023, 18:00

Carlo Griseri