Note di regia di "La Tentazione di Esistere"
Nella vita ho sempre cercato di smorzare la paura con l’ironia. Non si tratta certo di una cura, ma come una sorta di effetto placebo, può avere dei risvolti positivi. Si può quindi ridere delle proprie paure? Difficile, molto più semplice sorridere di quelle degli altri. Martin Scorsese sostiene che i registi dovrebbero occuparsi di ciò che conoscono, orientandosi su temi e soggetti che coinvolgono l’autore profondamente, così da conoscere i sentimenti e le emozioni che si cerca di comunicare in un film. In tal senso, la mia esperienza diretta con queste paure, mi permette di affrontare il tema dell’ansia con paradossale tranquillità. Vi è mai capitato di osservare un amico aracnofobico alle prese con un piccolo e indifeso ragnetto? Ecco che la paura, improvvisamente, si trasforma involontariamente in comicità. Discutendo con i miei co-sceneggiatori Marco Pagani e Andrea Fazioli, ci è quindi parso da subito intrigante realizzare un racconto malinconico, drammatico e comico in eguale misura. La Tentazione di esistere è un inseguimento strampalato tra il Ticino e il mare Adriatico, un viaggio che ci permette di incontrare personaggi grotteschi e situazioni a tratti surreali. Nel film, come nella realtà, la paura è un filtro che vela lo sguardo dei personaggi e ne determina le azioni e i caratteri. Elvezio Zoppi, la maschera più tragicomica di questo racconto, non è l’unico a convivere con questo stato emotivo. Anche l'investigatore Livio Bronner, a modo suo, combatte contro la paura di perdere la memoria. Mentre Paola Galli, l’impiegata di banca, costretta a collaborare con l’improbabile “detective”, teme di perdere il posto di lavoro. Guerri, il commilitone di Zoppi, si è barricato in un bunker, convinto che all’esterno vi siano solo nemici. Per non parlare di Arianna, così angosciata dalla vita e da un passato dissoluto da rinchiudersi volontariamente all’interno di una serra di una clinica psichiatrica. Personaggi accomunati dalla drammatica fragilità umana ma pronti a regalarci momenti di anarchica ilarità. Un percorso nell’irrazionale e nell’onirico, un racconto che mostra personaggi immaginari ai margini di un piccolo spazio reale, il Canton Ticino.
Fabio Pellegrinelli