Note di regia di "Jaima"
Quando mi è stato chiesto di partecipare nel progetto di scambio di studenti con la scuola di cinema dei Saharawi a Tindouf in Algeria non conoscevo la situazione del loro popolo. Ho accettato perché ho intravvisto come un'opportunità di crescita personale e uno stimolo per
confrontarmi con una cultura radicalmente diversa dalla mia.
Durante una prima breve visita ai campi profughi, ho avuto modo di incontrare Brahim, il
protagonista del film. Al mio ritorno, ho iniziato a scrivere un progetto incentrato su di lui, cercando di costruire una struttura narrativa che potesse reggere all'approvazione del consiglio di studi.
Quando ho iniziato a girare il film, mi sono reso conto che sarebbe stato impossibile raccontare la storia dei Saharawi, perché avrei avuto bisogno di molta più preparazione ed esperienza. Mi sono anche reso conto che non sarei stato in grado di girare ciò che avevo scritto. Nei campi profughi, in quanto straniero, sarei stato soggetto a diverse restrizioni. Gli orari e gli spostamenti dipendevano dalle rigide regole imposte dal Fronte Polisario, che dovevano essere rispettate per reali motivi di sicurezza.
Trovandomi in difficoltà, con la mia équipe abbiamo iniziato a incontrare gli abitanti dei campi per cercare di trovare nuove soluzioni per il film. Gli incontri erano sempre accompagnati dal rito dei tre tè e da lunghe discussioni. Ho potuto scoprire l'amore e la gentilezza di Brahim nei confronti di suo padre, ho visto l'incertezza negli occhi di alcuni giovani che dovevano andare al fronte e ho ascoltato i ricordi sbiaditi che gli anziani mi raccontavano delle loro terre lontane sorseggiando il tè.
Questo è “Jaima”: un mosaico di sentimenti, emozioni, idee ed eventi vissuti durante un mese di riprese.
Francesco Pereira