Note di regia di "Il Padiglione sull'Acqua"
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Il Padiglione sull'Acqua" nasce da una ricerca dei registi che ha condotto alla realizzazione di un breve documentario su Carlo Scarpa (1906-1978) e Matsuo Bashō (1644-1694), La Pietà del Vento (2014).
Nel suo ultimo viaggio nel 1978 Scarpa intendeva raggiungere l’antica capitale giapponese Hiraizumi. Stava ripercorrendo i tragitti descritti dal poeta nel diario di viaggio che scrisse prima di morire, Lo stretto sentiero verso il profondo nord (1694). Scarpa non raggiunse mai Hiraizumi, morì in un tragico incidente a Sendai, nello stesso giorno in cui morì il poeta, il 28 novembre.
Conciliando un’aspirazione poetica, che asseconda una sensibilità̀ lirica e sognante, con un approccio filosofico, abbiamo voluto raccontare le opere dell’architetto veneziano, non solo per l'alto valore artistico che rappresentano, ma anche per la natura della sua figura, quale emblema di un incontro unico tra tradizione e modernità̀, tra Oriente e Occidente. Scarpa stesso amava definirsi: «Bizantino nel cuore, un europeo che salpa per l’Oriente».
Il documentario ambisce idealmente, grazie ai mezzi del cinema, a rendere manifesta e a evocare la ricerca che egli operò in tale direzione.
La narrazione è diretta lungo un itinerario ‘esperienziale’, in cui suggestioni artistiche, filosofiche e letterarie, materiali d’archivio, pensieri e memorie diventano elementi portanti per la ricostruzione del discorso colto ed emozionale di Scarpa.
Nella convinzione che questa modalità̀ narrativa conservi in sé un certo grado di esattezza, coerente con l'intrinseca impossibilità di circoscrivere l’esistenza e la creatività̀ di un'artista in un ritratto compiuto e completo. E allo stesso tempo sia occasione per avvicinarsi ad un discorso dalla portata universale, quello sull’essenza dell’opera d’arte.
L’opera scarpiana sembra porci con insistenza questa questione che, come in un enigma, richiede di essere risolta. Ma più̀ ci si addentra in questo tentativo più̀ il mistero su di essa si apre. Come se l’opera di Scarpa non potesse lasciarci indifferenti, e ci costringesse ad interrogarci continuamente, su più̀ livelli, come artisti, intellettuali, esseri umani. Pur essendo indissolubilmente legata al contesto in cui è sorta, essa sembra presentare una forza capace di
parlarci nel profondo, superando limitazioni geografiche e culturali.
Come per entrare nelle case del tè realizzate da Sen no Rikyū (1522-1591) era necessario riporre le armi ed entrare da ‘pari’ - neppure il titolo nobiliare aveva peso in quel luogo -, nelle architetture scarpiane si entra con la mente e con il cuore in una disposizione particolare. Sono
i luoghi stessi a richiederlo, loro stessi operano questa trasformazione.
Stefano Croci e
Silvia Siberini