PARE PARECCHIO PARIGI - Per ritrovarsi con la fantasia
Un viaggio da fermo per tornare ad essere famiglia. Con la fantasia come unico pedaggio da pagare. Al suo quindicesimo film dietro alla macchina da presa, Leonardo Pieraccioni s’ispira ad una storia vera (quella dei fratelli Michele e Gianni Bugli che nel 1982 partirono con il padre malato in roulotte facendogli credere di essere arrivati a Parigi mentre non uscirono mai in realtà dal loro podere toscano) per raccontare l’arte della riappacificazione con meno ironia sfrenata e più sensibilità malinconica.
Ed ecco tre fratelli che non si parlano da 5 anni (Pieraccioni, Giulia Bevilacqua e Chiara Francini) costretti a malincuore (e dopo la conta…) a prendersi cura del padre malato (Nino Frassica in versione drammatica). Al terzo infarto e quasi completamente cieco (ma sarà vero?) il vecchio e burbero professore, da sempre un padre assente, si mette finalmente in viaggio coi figli per quel viaggio sognato e sempre rimandato. Tra sonniferi per cavalli e disfunzioni filosofiche, cotolette petroniane e roulette russe al cellulare, uomini travestiti da stambecchi e una frase dolorosa a manifesto di rimpianti e rimorsi (Avremmo dovuto e avremmo potuto…), "
Pare parecchio Parigi" (in sala dal 18 gennaio distribuito da 01 in 450) è una messinscena a fin di bene, un Truman show a Scandicci che consegna il 59enne Pieraccioni (li compirà il prossimo 17 febbraio) ad un cinema più riflessivo.
“Ventinove anni fa con I laureati parlavo delle paturnie di uomini quasi fuori corso, poi a 40 anni di storie d’amore con porte che si chiudono e con lieto fine forse solo apparenti. Oggi volevo raccontare i non detti familiari in maniera analitica” dice Pieraccioni. “Il messaggio del film è che in 12 ore si possono risolvere delle vite e appianare situazioni irrisolte negli anni. Dopo aver visto l’anteprima in Toscana, una mia amica mi ha detto che gli era venuta voglia di riparlare con la sorella. È il regalo più bello”. “Sono attaccato da sempre al giullarismo che contraddistingue chi viene dal cabaret come me ma in Pare parecchio Parigi non ho avuto per la prima volta paura dei sentimenti da mettere in scena e devo confessare che mi sono anche emozionato a giralo e ad interpretarlo” continua il comico fiorentino.
Paura della sala e degli incassi? “Il pubblico si è disaffezionato negli ultimi anni soprattutto per colpa delle piattaforme e delle finestre di mercato che fanno vedere film a casa dopo poco tempo dall’uscita al cinema. E’ importante la sala piena per chi ha investito nel film ma io continuo a fare i film che vorrei vedere senza farmi condizionare dal resto. Dopo il successo clamoroso de
Il ciclone (col regista che non esclude un sequel in occasione del trentennale dall’uscita) mi sono spaventato… Sono consapevole che è tutto figlio del caso ma quel che è certo è che smetterò soltanto quando i produttori mi faranno smettere. Non credo a chi dice che è meglio uscire di scena quando le luci sono ancora accese”.
Infine un pensiero sul politicamente corretto che sta uccidendo la comicità. “Per parafrasare il titolo di un brano di Edoard Bennato direi che sono solo bischerate…Mentre montavo il film, Patrizio Marone mi ha detto se non era meglio tagliare la scena in cui davo amorevolmente uno scappellotto a mia sorella. Ecco il punto al quale siamo arrivati da quando internet ha dato la parola a chiunque. Direi che è arrivata l’ora di dire basta a questa situazione folcloristica”.
18/01/2024, 09:20
Claudio Fontanini