Note di regia di "Mameli - Il ragazzo che sognò l’Italia"
Un’idea semplice: raccontare, attraverso la breve vita di Goffredo Mameli, gli anni fantastici tra il 1847 e il 1849, quegli anni che servirono (nonostante il loro sostanziale fallimento) da laboratorio politico, creativo, sociale, a preparare l’Unità d’Italia, che avvenne dodici anni dopo, nel 1861. E siccome Goffredo e i suoi amici Nino Bixio, Gerolamo Boccardo, Stefano Castagnola sono ragazzi tra i diciotto e i ventidue anni, abbiamo deciso di raccontarli come tali. Come sarebbero oggi, dimenticandoci l’iconografia classica degli eroi del Risorgimento, facendoli scendere dai piedistalli, dalle targhe delle vie, dai nomi delle scuole, per raccontarli vivi, pieni di dubbi, di energia, di voglia di vivere, come lo sono i loro coetanei odierni. Come i ragazzi di oggi, hanno rapporti burrascosi, si oppongono al potere ufficiale, all’autorità costituita. E cercano una loro via, fatta di parole e canzoni, di “scherzi” e “flashmob”, di iniziative provocatorie e interventi sul campo. Gli adulti attorno - la famiglia di Goffredo - vivono con speranza di cambiamento e apprensione per il proprio figlio le gesta e il successo che a un certo momento lo coglie. Infine - poiché come tutti i giovani di quell’età anche Goffredo ha bisogno di amore, di innamorarsi, sognare, fremere per una donna e sognare un legame per sempre - nel nostro racconto non poteva mancare la sua anima romantica. Con Goffredo non abbiamo messo in scena un personaggio compiuto: abbiamo deciso di raccontare un giovane in divenire. Lo abbiamo immaginato non come un “poeta”, che è un abito difficile da indossare, ma come un giovane che scrive rime, come potrebbe essere un suo contemporaneo che si diverte a sperimentare con le parole. Un giovane borghese, quasi nobile, appassionato di parole che - grazie all’incontro con anime a lui affini, Nino Bixio in primis - si trova naturalmente a unire le sue due passioni: le parole e la politica. Fino a dare vita, grazie alla musica di Michele Novaro, a “Il Canto degli Italiani”, oggi nostro inno nazionale. Un Canto che riassume in sé tutti i motivi per cui è necessario ribellarsi, sollevarsi e unirsi. Oltre alla celeberrima prima strofa (quella dell’elmo di Scipio), Goffredo ne scrive altre quattro piene di speranza e di ragione (“Noi siamo da sempre calpesti e derisi/ perché non siam popolo, perché siam divisi”), semplici, per essere capite da tutti. E così “Il Canto degli Italiani”, prima ancora di diventare Inno d’Italia, è un successo popolare: viaggia da Nord a Sud, unisce lingue e dialetti, infiamma i cuori e spinge all’azione un Paese che ancora Paese non era. Diventa “virale” - come si direbbe oggi - rapidissimamente, con un passaparola, un testo ricopiato su un foglietto, precedendo, e poi sopravvivendo, alla figura umana di Goffredo Mameli. Il successo di Goffredo, il suo essere “rockstar” quasi senza volerlo, i suoi versi che viaggiano più veloci di lui, spargendosi di bocca in bocca, sono il contrappunto essenziale al suo carattere ardente, sempre alla ricerca del gesto, dell’azione, dell’amore. Goffredo si trova a essere simbolo, icona da imitare già in vita, eroe suo malgrado.
In definitiva questa serie è prima di ogni cosa una storia di ragazzi, una “via Pál” genovese, piena di vita e di energia, per la quale abbiamo scelto un’immagine inedita del Risorgimento. Studiando i quadri dell’epoca abbiamo scoperto il gusto del colore, anche eccessivo, abbiamo scoperto che i giovani (osservando i primissimi dagherrotipi che iniziavano a catturare i volti delle persone con un’“istantanea”) avevano i capelli lunghi, gli orecchini. Abbiamo scoperto che il Risorgimento non è forzatamente rigido, scuro, e soprattutto… noioso. Abbiamo lavorato quindi sempre molto vicini ai ragazzi, con la macchina a mano, per ascoltare le loro voci, quasi non fossero quelle di personaggi storici, ma di qualcuno le cui idee sono senza tempo. Abbiamo privilegiato scenografie vere, sfruttando il sempre incredibile patrimonio italiano. In particolar modo, abbiamo avuto accesso a zone e palazzi di Genova, perfette scenografie naturali per raccontare la passione di Goffredo e dei suoi. Abbiamo cercato di dimenticare l’importanza storica a posteriori dei nostri protagonisti, per concentrarci sul loro divenire. Proprio come un gruppo di ragazzi contemporanei, le cui voci si fondono e le cui passioni si influenzano l’una con l’altra, il gruppo di Goffredo si ritrova catapultato in una realtà sempre più grande, si ritrova a sfiorare un sogno (quello dell’Italia libera e repubblicana) in una corsa a tutta velocità, dove amore, passione politica, voglia di vivere, ma anche paura, guerra e inevitabilmente sofferenza, convivono, si mischiano, trovano nuova linfa. Così i “grandi” che incontrano, da Mazzini a Garibaldi, da Armellini e Saffi e Ciceruacchio, sono i loro idoli, ma sono umani anch’essi (abbiamo in scena un inedito Mazzini chansonnier, scoperto durante una visita al museo a lui dedicato a Genova), affascinati dall’energia dei giovani, incapaci di contenerla, e bisognosi di sfruttarla per rendere la rivoluzione contagiosa. Raccontare questa storia agli italiani di tutte le generazioni è stata una “missione” emozionante e piena di significato e orgoglio. Dopo questa esperienza, ascoltare l’Inno nazionale italiano per noi non è più la stessa cosa e vorremmo che fosse così per tutti quelli che incontreranno questa serie.
Luca Lucini e Ago Panini
29/01/2024, 12:45