ADESSO VINCO IO - L'Allenatore del Mondiale
L’allenatore e il padre di famiglia, l’uomo carismatico e il marito affettuoso, i campionati vinti e l’amore per il mare. "
Adesso vinco io", il docufilm su
Marcello Lippi di Simone
Herbert Paragnani e Paolo Geremei è un ritratto delicato, tra pubblico e privato, del Paul Newman dei poveri (così lo chiama affettuosamente il suo ex compagno di squadra Arnuzzo) visto attraverso filmati d’epoca e testimonianze di chi lo ha conosciuto bene.
Dagli inizi nella Stella Rossa di Viareggio (“Ci facevano cantare Bella Ciao…”) al trasferimento alla Sampdoria dove inizierà la carriera di allenatore a fine carriera; dal matrimonio con la figlia del presidente del Genoa a quello “scusa papà” pronunciato davanti alla tomba del padre, che odiava la Juve, dopo aver firmato il contratto coi bianconeri.
E poi ancora la
Champions League vinta a Roma contro l’Ajax e le tre finali perse, il rapporto col figlio Davide (“Per proteggermi ha lasciato la Nazionale dopo la vittoria al Mondiale 2006” confessa commosso), l’annata fallimentare all’Inter e l’esperienza in Cina (“L’ho fatto solo perché mi avevano offerto tanti soldi ma poi lì vinsi tre scudetti e una Coppa d’Asia”). Il racconto di un uomo testardo ed istintivo, permaloso e affascinate, capace come pochi altri di formare e guidare un gruppo vincente (“I giocatori vengono sempre prima della tattica”) e di far ricredere persino l’Avvocato Agnelli (“È più facile che la Ferrari vinca il Mondiale che voi lo scudetto…” gli disse al suo primo anno di Juve).
“Una dicotomia è forse alla base dei suoi straordinari successi” dice Paragnani (autore anche dello script con
Umberto Riccioni Carteni) “le sue radici di toscano di spiaggia, ben piantate a Viareggio, crescono un uomo tutto d’un pezzo, legato al socialismo del padre, ai valori decubertiani dello sport in cui dare tutto sé stesso è l’unica cosa che conta e che il risultato è marginale. Sotto la cenere di un giocatore di A che passa la sua carriera a diventare capitano e bandiera di una squadra che non alzerà neanche un trofeo, cova il desiderio di rivincita, di affermazione prepotente di sé e che lo renderà la nemesi dei valori fin lì propugnati”. “Vincere non è importante ma l’unica cosa che conta.
È partendo da questa citazione di
Giampiero Boniperti, uno dei più grandi presidenti della storia della Juve, che abbiamo voluto raccontare l’ascesa, le cadute e il trionfo mondiale di un uomo il cui mantra è stato la ricerca incessante della vittoria” dichiara invece Geremei. “Siamo stati testimoni discreti di un uomo che racconta il passato vivendo pienamente il proprio presente”.
26/02/2024, 08:07
Claudio Fontanini