Note di regia di "Animali Randagi"
Era il 2010, agli inizi di settembre. Davanti ad un bar si festeggiava la fine dell’estate: non mi era mai capitato di frequentare i coetanei del mio paese. Eppure, negli ultimi anni, in me è cresciuta una curiosità: sapere di più di quelle persone e facce che partecipavano alle cosiddette “feste comandate”. Ho scoperto, così, che c’era tutta un’umanità di persone che da sempre conoscevo ma che non avevo mai realmente incontrato. Questo film nasce innanzitutto da questa mia personale esperienza emotiva. È una storia di provincia nata anche dalle più piccole cose raccontate al bar del paese dopo le 2 di notte. È ambientata inizialmente in un luogo in cui ogni giorno è uguale al prec edente, fatto di zone industriali semi - deserte, centri storici svuotati e di un lago artificiale che nasce ai piedi di una diga. In questa monotonia ed apatia, purtroppo, l’unico svago o principale passatempo sono l’alcol e la droga. I personaggi sono due trentenni di oggi, la generazione che vive a casa coi genitori e che non crede nel futuro; sono amorali e spregiudicati. Quando ai due si presenta l’occasione di evadere dalla monotonia, con un viaggio oltre il confine nazionale, loro accettano subito; non per fuggire e cominciare una nuova vita, ma solo per trasgredire, per spostare il limite della noia un po’ più in là. Animali randagi parla anche di libertà di scelta, di come la nostra libertà di azione si rifletta sugli altri. È un racconto delicato sul dolore che si prova quando bisogna accettare e scendere a patti con le decisioni di qualcuno che amiamo . Per tutto il film c’è un clima sospeso, dietro al quale, però, si cela la morte. Una morte luminosa, tenera, grazie alla quale si riannodano fili affettivi spezzati, nessi familiari interrotti, amori che, forse, possono nascere ancora.
Maria Tilli