UN MONDO A PARTE - Una scuola dove s’insegna a resistere
Resistenza culturale e difesa della propria identità.
Potrebbero essere i temi di un film impegnato e politico e invece
Riccardo Milani, al quinto film con
Antonio Albanese protagonista, sceglie le armi della leggerezza e della commedia sociale per tratteggiare la vicenda di un piccolo paesino nel cuore del Parco nazionale d’Abruzzo e farne manifesto di umana condivisione.
Siamo a Rupe (in realtà Opi, il nome è inventato per proteggere la stabilità del borgo) dove è stato appena trasferito il maestro elementare Michele Cortese (Albanese, sempre bravissimo) stanco di 40 anni d’insegnamento nella giungla periferica romana (il film inizia con un bimbo di 6 anni che lo minaccia…) e in cerca di nuovi stimoli.
Accolto da una copiosa nevicata e dal gelo perenne (camminare in mocassini non aiuta…) quell’uomo discreto e innamorato del suo lavoro scoprirà che al Cesidio Gentile detto Juricò (bellissima la storia del poeta pastore al quale è intitolata la scuola) servono 4 nuovi alunni entro il nuovo anno scolastico pena la chiusura dell’istituto.
Con l’aiuto di una vicepreside energica e cornificata (l’ottima
Virginia Raffaele in dialetto abruzzese) porterà a termine la missione tra espedienti al limite della legalità e voglia di trasmettere il sapere senza imporlo. Con un occhio speciale ad un giovane del posto che sogna di diventare agricoltore invece che youtuber.
Necessario (si rivaluta il ruolo e la figura dell’insegnante) e divertente (la prima mezz’ora, la migliore del film, è esilarante, con Albanese incapace di comprendere il nuovo dialetto e alle prese con usi e costumi locali), scritto da Milani con Michele Astori e interpretato da un cast neorealista (sui titoli di testa compaiono nomi e professioni degli abitanti di Pescasseroli che hanno lavorato al film con nota di merito per il bidello Sergio Saltarelli),
Un mondo a parte regala spunti riflessivi (Con 1400 euro al mese siamo noi la nuova classe operaia dice Virginia Raffaele) e credibilità tra lezioni di educazione sessuale e colloqui con i genitori nelle stalle, citazioni antropologiche (la restanza di Vito Teti) e l’invito a non abituarsi mai al peggio.
Con quel paesino dove la rassegnazione si mangia a morsi come la scamorza che diventa l’emblema di un domani diverso e ancora possibile (quel trattore che si rimette in moto scalda i cuori).
Capace di non lasciare indietro nessuno. Proprio come quel branco di lupi che sembra salutare e vigilare da lontano su quel maestro catapultato in un mondo a parte. Omaggio a Ivan Graziani in colonna sonora con Agnese dolce Agnese e Taglia la testa al gallo.
25/03/2024, 08:19
Claudio Fontanini