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GIUSEPPE GARAU - "L'incidente è stata un'avventura"


Il regista ha accompagnato a Torino, città in cui il film è stato girato, la sua opera prima "L'incidente"


GIUSEPPE GARAU -
Giulia Mazzarino ne "L'incidente"
Anteprima a Torino, la città in cui è stato girato in dieci giorni nell'ottobre 2022, per l'opera prima (nella finzione) di Giuseppe Garau, "L'incidente", che dopo un importante giro nei festival internazionali (con premi allo Slamdance e al Pendance, in Nord America) è stato scelto come film di chiusura del Glocal Film Festival. Una ragazza dopo un incidente in auto per colpa del quale perde anche il suo lavoro, scopre la possibilità di guadagnare da incidenti altrui acquistando un carro attrezzi ma si scontra con un "libero mercato" spietato.

Giuseppe, come è andata la prima proiezione a Torino?

È stata una serata speciale, anche perché la quasi totalità di cast e troupe non aveva ancora visto il film, per mia scelta.
Credo sia stato carino anche per il pubblico, vederlo con chi ci ha lavorato dà un'energia speciale. È stato il momento che ho sempre desiderato, anche ben oltre quel che immaginavo.
Il pubblico ha risposto benissimo, c'era un po' di attesa grazie al giro nei festival all'estero fatto prima: le domande poi per me sono sempre molto interessanti, anche per farmi capire cose sul film che non avevo considerato. Imparo sempre dal confronto e dalla visione in sala, resto sempre seduto a rivederlo e a volte mi piace, a volte no... questa volta mi è piaciuta molto!
Inoltre ero accanto a Giulia Mazzarino, la protagonista, è stato momento liberatorio: ci eravamo tolti la pressione e l'incognita di sapere se il film era apprezzato o meno, è stato un momento di festa, la prima proiezione che veramente mi sono goduto.

Tutto il film è stato girato nel quartiere periferico di Barriera di Milano: una scelta fatta già in fase di scrittura? Cosa cercavi?

A fine film mi hanno detto che si sente una Torino molto reale, non "pettinata" o abbellita come in tanti altri casi, e mi ha fatto molto piacere. Credo che il quartiere appaia quasi come una texture della città, non una sua rappresentazione... anche perché quella Torino non esiste: per motivi tecnici la maggior parte delle inquadrature è "specchiata".
Barriera non era in sceneggiatura, è stata un'intuizione della location manager Giulia Cotugno: abbiamo fatto i sopralluoghi e ho ritrovato i colori immaginati in fase di scrittura. È stato bello girare tutto in quel quartiere, grazie alla magia del cinema spostandosi di due strade si poteva fare una scena completamente diversa.
Ora quando ripasso di là sembra di fare una visita sul set: è stato tutto girato per strada, abbiamo vissuto appieno la zona, c'erano anche curiosi che si fermavano. Devo dire che anche all'estero si incuriosiscono dei luoghi, vedono una Torino poco rappresentata e poco da cartolina.
Penso sia un quartiere che restituisce parecchia vita, si sente che sono quasi dei fondali ma io ci sento la vita.

Il film è girato tutto con una ripresa fissa prima da dentro un'auto e poi da un carro attrezzi: una scelta estetica o di necessità?

Direi entrambe: l'inquadratura è sempre uguale sia per un'esigenza produttiva sia per una questione estetica, era già così in scrittura.
Le esigenze di budget c'erano, ma a me piace capire come da dei limiti produttivi si possano trovare limiti formali con cui giocare, amo far diventare una forza il fatto di avere pochi mezzi. Questa cosa poi ci ha anche aiutato a non cadere nei cliché, ci ha portato su binari in cui non era previsto che andassimo e per me è stato molto divertente.
La grammatica tradizionale del cinema mi piace meno, questo stesso film si poteva anche fare in quel modo ma mi avrebbe annoiato, lo so, cerco sempre di mettermi nella mente dello spettatore, chiedermi se ho qualcosa da dire... sono domande che mi faccio continuamente, cercando sempre anche di stupirmi: questa situazione mi ha aiutato moltissimo.
Era una strada libera, diretta, con mono-inquadrature e anche recitazione un po' alla Kaurismaki, che è sempre un mio riferimento. Lui ha confidato spesso che le facce impassibili dei suoi attori, specie all'inizio della sua carriera, erano anche una scelta per non sprecare metri di pellicola! Io ho provato ad andare sulle sue orme, ma ho capito presto che dovevo anche lasciare gli attori liberi di esprimere la nostra identità più mediterranea. Si è creato quindi questo mix di scrittura nordica e recitazione italiana, un contrasto che viene fuori e che fa molto ridere all'estero.

A tutto ciò si aggiunge la scelta inusuale di girare tutto in pellicola 16mm...

Era un periodo della mia vita in cui ero disinnamorato del mio mestiere dopo alcune delusioni, durante la pandemia ho sperimentato con il 16mm: è stato per me un ritorno alle origini, al divertirmi con il mezzo senza pensare a nulla, solo per sperimentare.
Da subito il film l'ho quindi pensato così, oltre tutto senza usare un monitor, tutto alla cieca, né noi né gli attori rivedevamo nulla, è stato fatto tutto molto a istinto.
Secondo me in questo modo è stato più facile, perché ci godevamo le performance degli attori, il loro lavoro, la magia che si creava in quel momento: non ci sono neanche state prove quindi nasceva tutto lì, sono contento che non ci fosse il monitor (tra l'altro, 2-3 volte ho anche provato a mettere un monitor alla mia camera, ma non li vuole proprio, si rompono senza spiegazioni...).

Una protagonista che guida tutto il tempo ma un'attrice senza patente!

Esatto, non sapevo che lei non avesse la patente, all'inizio ha rifiutato il ruolo per questo motivo! Ma anche se l'avesse avuta non avrei potuto farla recitare mentre guidava, a livello di sicurezza sarebbe stato impossibile.
Avevo anche pensato al classico "camera car" ma c'erano diversi problemi, il carro attrezzi è ingombrante e sarebbe stato impossibile per le riprese.
Ho anche subito una mezza truffa con un mezzo già pagato, un po' come avviene nel film... Alla fine abbiamo trovato quello giusto, ma aveva solo il volante a sinistra, come tutti. Ci siamo quindi inventati un volante finto da mettere a destra, che usava Giulia fingendo di guidare. A sinistra c'era la persona che guidava davvero e in mezzo a loro la camera, posta dietro la spalla dell'attrice, e alla fine abbiamo specchiato le riprese, lei stava a sinistra solo quando il mezzo era fermo!
Era divertente anche perché giravamo con questo mezzo con due volanti e due persone che lo giravano, i passanti erano perplessi...
Poi Giulia l'ha presa la patente, potrebbe ora guidare un carro attrezzi perché non serve una licenza speciale.

Anche la durata del film, poco più di un'ora, è non convenzionale.

Anche la durata nasce da Kaurismaki: quando mi sono trovato un film da 66-67 minuti mi sono chiesto se fosse possibile uscire così, e ripensando ai suoi primi film avevano proprio quella durata. Per me lui è proprio una bussola.
Qualche scena in più c'era, ma non tante: vengo dal montaggio e quindi ho scritto quel che immaginavo sarebbe finito nel film, ho tolto giusto alcune cose che mi sembravano troppo scritte. Il montaggio è stato faticoso, con questa grammatica rompiamo molte regole: non avevamo la sicurezza che danno le coperture, il campo/controcampo... avendo girato così non le avevamo proprio.
La fortuna è stata che gli attori mi hanno sorpreso e quello che si vede è quello che hanno fatto, non un risultato salvato da montaggio e musica.

In alcuni momenti il film mi ha fatto ripensare a "Under the skin" di Jonathan Glazer, che è diverso in tutto ma ha molte scene girate da dentro un camion, con la macchina da presa posta dietro la protagonista Scarlett Johansson (oltre tutto, in quel caso molte scene sono state girate in modalità candid camera...).

Ammetto che quel film non l'ho ancora visto ma sono molto curioso! Non avrei mai potuto però immaginare scene di candid camera, forse perché ho fatto per anni dei documentari e non ne voglio più sapere!
Qui era tutto scritto, siamo rimasti molto fedeli al testo, sono un maniaco del controllo e sul testo non sarei stato in grado di lasciare una libertà del genere al caso, magari avrebbe anche funzionato (ho qualche video dietro le quinte di gente che si avvicinava a lei e sarebbe anche potuto entrare in montaggio...), mi piace che la vita entri nel film ma è rimasto tutto come da script.

Arriviamo al tema del film: hai più volte detto che nasce da un'esperienza personale.

Sì, il punto di partenza è autobiografico, dopo un mio incidente mi sono trovato circondato da carri attrezzi e ho scoperto come funziona il loro settore.
Alcuni ci hanno visto un film politico ma non nasce così, in Nord America ci vedono molto la critica al capitalismo. Non nasceva così ma ammetto che rivedendolo ora è palesemente quello!
Lo spunto è il conflitto morale: la tua sopravvivenza e la tua prosperità lavorativa traggono beneficio dalle disgrazie altrui, qualcuno deve soccombere perché tu possa sopravvivere. Mi interessava anche mettere una persona di animo gentile in questo mondo iper competitivo.
La mia volontà non era di lanciare un messaggio, ma se lo riguardo oggi mi sembra cristallino questo tema!

Tu in sceneggiatura e la tua protagonista, Giulia Mazzarino, siete riusciti a tenere benissimo il difficile equilibro tra commedia e dramma.

Giulia ha fatto tutto da sola, anche perché era impegnatissima a teatro ed è arrivata poco prima del set, c'è stato tempo solo per una lettura a casa sua e qualche conversazione, il lavoro vero e proprio di ricerca del personaggio è tutta farina del suo sacco.
Si dice che sia la cosa più complicata da ottenere questo equilibrio, Billy Wilder per me in questo senso è un esempio inarrivabile, ho ricercato questo equilibrio, è diventata una cifra. Nella prima metà c'è molto, poi sempre meno, la situazione è sempre più drammatica.
Giulia è riuscita a gestire questi toni in maniera magistrale, ma anche gli altri attori (che magari in una scena sola dovevano essere perfetti): il film è tutto sulle sue spalle (letteralmente, vista la ripresa e visto che era un po' la destra e un po' la sinistra...), si è anche fidata di me leggendo uno script così particolare, poteva pensare che fossi pazzo! Già durante le riprese vedevo il suo lavoro incredibile, ma solo in montaggio ho notato tante piccole sfumature del suo lavoro, tanti piccoli dettagli: sono stato veramente fortunato a lavorare con lei, ha un talento assurdo.

Veniamo alla musica, dell'islandese Hekla. Tu sei anche un musicista, come hai lavorato in tal senso?

Non volevo sovraccaricare, non mi piace quando la musica è usata per indirizzare le emozioni del pubblico e quando è troppa.
Sono un musicista per modo di dire, faccio punk-rock, ma ho sicuramente sensibilità musicale relativa alle immagini e per questo le proteggo molto dalla musica, so il potere che ha.
Ho pensato un film molto silenzioso fin dall'inizio, ma ammetto che qualche tentativo in montaggio di mettere musica in più, magari anche convenzionale come sonorità, l'ho fatto, ma non mi convinceva.
A un certo punto ero aperto e disperato, ricercavo qualsiasi cosa e ho scoperta Hekla, che non c'entra nulla con Torino e questa storia. Lei suona il theremin e canta in islandese, non so dire perché ma mettendola sotto le mie immagini portava il film in qualcosa di diverso, di magico, ho capito subito che era l'artista giusta.
L'ho contattata ed era entusiasta, ho scoperto solo dopo che i suoi visual sono tutti in 16mm, con un linguaggio libero... siamo ancora in contatto, mi piace perché non suggerisce direttamente qualcosa ma fa succedere qualcosa di nuovo, ha un talento incredibile. Ora è al lavoro sul nuovo disco, in una direzione sempre più libera: magari la prossima volta costruiremo insieme la colonna sonora dall'inizio.

In chiusura parlaci del futuro, del film e tuo.

Per il film c'è molto interesse in Nord America, ci sono alcuni discorsi in ballo in ambito distributivo, e poi c'è qualche festival ancora: ad aprile saremo a Parigi.
Io sono ancora molto legato a questo film, faccio tutto da solo e quindi la mia testa è ancora lì. Ma nel retro della mia testa penso ad alcune idee che sono cresciute nel tempo: a volte è scoraggiante provare a vivere di questo lavoro in modo indipendente, vorresti mollare tutto, ma questo piccolo tour de "L'incidente" mi ha motivato molto, tante persone mi hanno dato attestati importanti di fiducia.
Vorrei fare un'opera seconda un po' più strutturata a livello produttivo, sempre in una situazione piccola, in cui mi trovo a mio agio, ma stavolta ho fatto davvero tutto da solo e vorrei un partner almeno a livello distributivo, poter essere tranquillo almeno da questo punto di vista...
Vorrei crescere, imparare da questo film, alzare l'asticella, rimettermi in gioco, provare a migliorare e mettermi alla prova.

26/03/2024, 14:04

Carlo Griseri