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Note di regia di "Piccolo Attila"


Note di regia di
Quando ho immaginato questo film, l’intenzione era quella di tenere lontano il calcio e le sue parabole, volevo raccontare una storia tra due fratelli con un sentimento universale. Proprio per questo sentivo la necessità di uno spazio domestico, claustrofobico, sotterraneo, dove i due fratelli potessero abitare e vivere la loro intimità. Molto importante per me è la presenza/assenza dei genitori, che si vedono solo attraverso una fotografia all’inizio. Testimonia chi sono i veri padroni di quella casa che di fatto però non la abitano. Giorgio, il fratello maggiore, prova a colmare questa posizione dei genitori e educa il fratello secondo le sue regole. Armandino però ha tredici anni ormai, l’età in cui inizia a interrogarsi sul mondo e soprattutto a farsi dominare dalla curiosità che lo trascina in un vortice pericoloso di tensione e che aderisce all’atmosfera del film. Nella scelta di dove posizionare la macchina da presa sono stato trascinato dallo sguardo magnetico di un primissimo piano del piccolo attila, quello sguardo così genuino mi restituiva perfettamente la sensibilità di cui sentivo il bisogno di raccontare questa storia. Senza paura, ma curiosi di ciò che potrà succedere, nell’ammirazione di una figura adulta e nella voglia di diventare più grande. Penso che “Piccolo Attila” sia per me il testamento di un regista piccolo che vuole diventare grande e che, con estrema determinazione, è pronto a incendiare tutto o di accendere un fumogeno nel caso di Armandino.

Gregorio Mattiocco