Note di regia de "L'arte della gioia"
Quando la produttrice Viola Prestieri, a cui mi lega una lunga amicizia, mi ha proposto di adattare il romanzo, non ho potuto sottrarmi all’opportunità di raccontare una storia così marcatamente moderna e coraggiosa. Le nostre precedenti collaborazioni (Miele ed Euforia) mi avevano già permesso di concentrarmi sull’introspezione di personaggi elaborati, e questa volta abbiamo condiviso l’urgenza di raccontare un personaggio femminile così inedito per la libertà e spregiudicatezza con cui si approccia alla vita e alla sessualità. E in fondo, ritengo che in questo momento storico sia ancora più importante raccogliere l’eredità di Goliarda Sapienza, una straordinaria precorritrice dei tempi. L’Arte della Gioia ci porta in una Sicilia che conosciamo, una terra dura, aspra, spietata, ma divisa da mille recinti, che tracciano confini tra uomini e donne, ambizioni e aspettative sociali, servi e padroni, eletti e rinnegati. Nei primi anni del 900, Modesta combatte sola, guidata dal suo istinto, una battaglia che tutte le donne continuano a intraprendere molti anni dopo. La sua battaglia è innanzitutto un percorso di presa di coscienza del ruolo della donna, guidato da un’insaziabile sete di libertà. La forza del suo personaggio, che i lettori conoscono ed è mia ambizione raccontare agli spettatori, non deriva soltanto dalla sua spinta ad autodeterminarsi, ma proprio dalla sua capacità di esplorare i propri desideri a discapito e a prescindere dalla morale condivisa, dai pregiudizi e dai ricatti che la mettono costantemente alla prova. E lo fa rompendo ogni recinto e plasmando la società che la circonda. L’Arte della Gioia è un inno alla libertà, all’autocoscienza e all’autodeterminazione, ma anche al dissenso e alla disobbedienza. Personalmente non credo ci sia messaggio più forte e contemporaneo per il pubblico di oggi.
Valeria Golino