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Note di regia di "La Notte è un Giorno Dispari"


Note di regia di
«La bellezza? Si dice che sia nell’occhio di chi guarda».
«E se non c’è più nessuno a guardare?»

Quando Michel Piccoli e Denis Lavant parlavano così in Holy Motors (Leos Carax, 2012), il “Motore Sacro” dell’ingombrante limousine su cui si muoveva il protagonista continuava a rombare per le rues e i boulevards parigini. Per avere il coraggio di raccontare la speranza della rinascita della mia terra, avevo il bisogno di traslarla negli occhi del piccolo Tommaso. Nel suo sguardo, magari, anche il più “dispari” dei giorni, può trovare quello che gli manca per assurgere a “pari”. Davanti agli occhi di Tommaso viene raccontata soltanto la verità apparente, quella che non rischia di turbare.
Tocca alla televisione mettere il bambino in contatto con la consapevolezza del rischio. Era successo anche a me: l’11 settembre 2001 stavo guardando i cartoni alla Melevisione quando irruppero le immagini da New York. Col senno di poi, mi rendo conto che quella fu la prima volta in cui mi accorsi dell’esistenza del pericolo, quello di potersi trovare per una ragione qualsiasi in un dato luogo del mondo, proprio nel momento in cui accade una catastrofe. La mia finestra incorniciava il Vesuvio e mi resi conto che, semmai avesse deciso di tornare in attività, non avrei mai avuto modo di guardare la lava scorrere in televisione.
"La Notte è un Giorno Dispari" potrebbe, un giorno, diventare anche cronaca, ma oggi è un thriller fatto di personaggi disperati. Il modo in cui vivono i loro drammi, le conseguenze delle loro scelte, li rendono profondamente neorealisti. La conclusione del loro arco narrativo, infatti, è un miraggio che si materializza troppo brevemente per potergli credere:
dopo aver ammazzato Andrea, Vittorio e Sofia attuano la loro redenzione, tornano dai loro figli e soltanto allora il Vesuvio erutta. In questo sprazzo di disaster movie è racchiuso uno dei maggiori elementi di innovatività per il genere di riferimento. Come dei moderni Bonnie e Clyde, Vittorio e Sofia giungono alla fine delle loro scorribande per incontrare la morte.
Ma stavolta non è la mano della legge a sparare. È il cinema che, in quanto tale, può permettersi il lusso di ricostruire un pericolo come quello dell’eruzione del Vesuvio in VFX.
L'eruzione fuori dalla finestra, di lì a poco sarà reale anche per tutti quelli che la vedranno in televisione. Tra di loro ci sarà anche Tommaso, e la macchina da presa potrà rimanere solo su di lui. Perché la realtà è una cosa, mentre la nostra è una finzione in cui possiamo permetterci di contrappuntare l’evento catastrofico con le note e il testo de La Vida Tombola
di Manu Chao. Insieme all’episodio 42 di Flo, la Piccola Robinson, questo elemento suggella una narrazione destinata a oltrepassare i confini geografici e generazionali, per metterci tutti insieme davanti allo stesso pericolo.
Tutto il cortometraggio è stilisticamente dettato dal principio della contaminazione, perché se è vero che la notte è un giorno dispari, allora un approccio neorealista può avere l’estetica di un thriller nordeuropeo, i neon rosa possono essere spodestati dalla loro funzione morbosamente finta per diventare più diegetici che mai, e il Vesuvio può permettersi il lusso di essere raccontato senza il mare e il sole, anzi, di essere immerso in un’atmosfera da mitologia norrena.
Vittorio e Sofia saranno gli unici ad esprimersi in dialetto; tutti gli altri parleranno un italiano qualunque, per creare la sensazione di un non luogo schiacciato dalle sonorità campane. L’unico personaggio ad attuare un arco completo sarà la musica: si partirà da un andamento sinfonico altamente drammaturgico ma, per rendere vivo il passaggio al pop spiazzante de La Vida Tombola, saremo prima dovuti passare alla variante elettronica del tema sinfonico dell’inizio.
A marzo 2024 sono trascorsi ottant’anni dall’ultima eruzione del gigantesco vulcano campano. Durante tutto questo tempo, e chissà ancora per quanto, anche il Vesuvio ha beffato tutti: ci ha convinti che non esiste. Ci ha fatto credere che è soltanto una montagna come un’altra, un ostacolo qualsiasi che ci impedisce di tracciare un orizzonte pulito. Viverci accanto, però, è come svegliarsi ogni giorno con una rivoltella puntata alla testa. E allora, se per due volte durante la narrazione la pistola di Vittorio non ha sparato, solo il Vesuvio può diventare cechoviano al posto suo. Adesso che è esploso davanti alla nostra macchina da presa, di una cosa siamo sicuri: il caso non esiste.

Vincenzo Giordano