PESARO 60 - Gianluigi Toccafondo: "I
mostri, il cinema, il mio lavoro"
Undici opere (anzi dodici, contando anche la sigla fatta realizzare da lui per l'edizione numero 60) per riassumere una carriera tra le più brillanti e riconoscibili dell'animazione italiana:
Gianluigi Toccafondo è ospite speciale della
Mostra del Nuovo Cinema di Pesaro e si è raccontato al pubblico.
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Ho sempre disegnato - ricorda -
e sono sempre stato nel laboratorio di ceramica di mio padre, sono cose che mi sono sempre portato dietro: posso dire che il primo film di animazione che ho visto nella mia vita è stato al tornio di mio padre, dove vedevo le forme cambiare...".
Dopo gli studi a Urbino il passaggio a Milano e l'inizio del lavoro nella pubblicità e nell'illustrazione. "
Capitava anche di dover fare animazioni per la pubblicità, ma di solito erano cose brutte. Le più interessanti erano invece le sigle per la Rai, c'era sempre poco tempo e in una settimana dovevi consegnare, quindi c'era molta libertà: ricordo una delle prime che ho fatto per una trasmissione di Gianni Minà, in cui ho lavorato su fotocopie di sue foto che ho rielaborato, una tecnica che è poi diventata la mia usuale".
Il lavoro di Toccafondo è sempre molto analogico, fisico, materico. "
Ho provato a giocare anche con il computer, ma mi sono annoiato presto, non fa per me, bisogna programmare anche gli errori: mi piace il lavoro fisico anche perché mi dà il tempo di pensare. Il digitale potrà essere la strada migliore ma non ora, c'è ancora troppa rigidità nel suo uso e troppa riconoscibilità dei vari mezzi che usano, i prodotti quindi si assomigliano. Ci vorrebbe un giovane punk che trasformi l'uso della tavoletta digitale, allora forse le cose potrebbero iniziare a farsi interessanti! Preferisco la carta, le mani, le forbici, sporcarmi con i colori, pasticciare: quando vado al bar per una birra in qualche pausa mi prendono per un imbianchino, sono sempre sporco di vernice... I miei inizi sono con fotocopie mosse, muovendo le foto che facevo allo schermo seguendo la luce, su quella base di movimento aggiungevo i vari livelli di colore".
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Io - spiega alla platea pesarese, incantata ad ascoltarlo per quasi due ore -
ho iniziato a lavorare come base su del materiale fotografico reinterpretato, facevo delle fotocopie che venivano poi stropicciate, pasticciate, rielaborate. Spesso facevo dei fermo immagine di VHS che amavo, la prima è stata una con tutti gli spezzoni di film con Buster Keaton, e fotografavo i suoi movimenti, li ingrandivo... ho fatto così il mio primo lavoro, da lì è partito tutto".
Nella sigla per Pesaro 60 (si veda il video qui sotto) come in quella storica per Venezia 56, ma anche in tanti altri frammenti di suoi lavori, è molto presente l'. "
Sì, è molto importante per me, ho avuto periodi diversi, prima con Buster Keaton come detto, poi tutte le cose con la danza e i balli, ho fatto tante foto di Fred Astaire e Ginger Rogers, poi ho avuto un momento particolare sul cinema noir, su Fritz Lang, su "M"... ho fotograto Peter Lorre più volte, i suoi movimenti, ho ancora molte sue fotografie, aveva un movimento come da papera che univa comico e drammatico allo stesso tempo, ho disegnati spesso quella scena e ancora capita. Ma poi ci sono stati anche i film per committenza, come quelli con Marco Giusti in Rai che mi dava il materiale di film scoreggioni che non conoscevo...".
In programma a Pesaro anche il "Pinocchio" dal romanzo di Collodi. "
Mi è sempre piaciuto molto, avevo visto quello di Comencini in tv da bambino, e ne ero rimasto totalmente affascinato, c'erano grandi comici, Nino Manfredi... tutta la settimana, tra una puntata e l'altra, lo disegnavo... e me lo sono sempre portato dietro da allora. Fin dal primo corto, ho messo sempre nasi lunghi, trasformazioni, code... poi però quando mi è capitato di doverlo fare veramente, in pochi minuti, è stato molto difficile: usarlo liberamente mi veniva semplice, farlo per forza mi ha mandato in crisi, non lo consegnavo mai, è venuto fuori molto funereo anche perché ha coinciso con la malattia e la morte di mio padre".
"La voce delle sirene" è l'ultimo lavoro di Toccafondo in ordine cronologico. "
I mostri mi sono sempre piaciuti, e sono sempre stato influenzato dai quadri di Osvaldo Licini, le prime immagini volanti le ho viste da lui. Ho sempre inserito anche le sirene nei miei film - si pensi anche ad Asia Argento nella sigla veneziana - e ho lavorato qui per la prima volta con uno sceneggiatore, Vittorio Moroni, abbiamo lavorato molto bene all'inizio mentre ora non ci parliamo più, quando è iniziato il lavoro materico il rapporto con chi scrive si incrina. Tutto è nato da una sua idea, lavorava a un suo lungo e mi chiedeva pezzi di animazione da inserire: a me sembrava che ci fosse margine per fare un corto autonomo e ci siamo impegnati. Mi sono molto divertito, avevo molta voglia di lavorare con il colore. Quando si è trattato di trovare la voce della sirena inizialmente pensavo a qualcosa di più classico, come una soprano, poi ho visto un concerto di Valeria Sturba e mi ha conquistato, ha funzionato subito. In ogni scena c'è uno strumento diverso, il lavoro con i musicisti è stato bellissimo".
Tra teatro e musica, tecnica e passioni, Toccafondo ha ricordato anche
il suo lavoro sul set di "Gomorra" con Matteo Garrone. "
Ai tempi lavoravo per Fandango alla realizzazione di copertine per i loro libri, un giorno Procacci me lo ha presentato, avevo amato molto "L'imbalsamatore" e glielo volevo dire. Siamo diventati amici, stava girando "Primo amore" ma mi chiese un aiuto per il film seguente, "Gomorra". Mi disse che secondo lui fare un'esperienza sul set avrebbe potuto aiutarmi anche nel mio lavoro, avrei potuto anche aiutarlo perché lui facendo la regia in macchina non poteva stare al monitor in contemporanea. Io sarei stato là e poi ci saremmo confrontati: sono arrivato a Napoli quando lui era già lì da alcuni mesi a fare la preparazione, mi pento di esserci stato solo dopo. Abbiamo scelto insieme le figure del cast, fatto visite nei luoghi in cui avremmo girato: ricordo la prima volta alle Vele a Scampia, ne abbiamo viste di ogni colore, anche troppo sorprendenti e quindi poco credibili da inserire nel film. E' stato bello, ma ho capito che non era il mio e sono tornato a fare le mie animazioni".
19/06/2024, 14:39
Carlo Griseri