Note di regia di "Dostoevskij"
‘
Io credo che nessun uomo abbia mai gettato al vento la sua vita, quando valeva la pena di conservarla’.
David Hume
Le estreme conseguenze dell’essere vivi. Di questo narra la serie. Un uomo che ha perso tutto in una terra di uomini che hanno perso quasi tutto. Un uomo che ha scelto di perdere anche se stesso. O forse no. C’è da risolvere un caso. Un caso che entra di diritto nelle cose che ti appartengono. È il banchetto dell’ultimo racconto, dove solo chi sopravvive può testimoniare.
Il nostro punto di vista è Enzo Vitello, l’uomo che ha perso tutto. Che va incontro all’entità che dà la morte credendo di fare del giusto. Un serial killer perturbante (ribattezzato Dostoevskij) analizza il caos della vita, l’inutilità di essa, la fonte di dolore, disperazione, annichilamento: vita come posizionamento nel nulla. Le lettere che Dostoevskij lascia accanto a ogni cadavere, a ogni sua impresa, sono un coagulato di affilata sofferenza, l’immondizia di essere vivi e l’unica giusta espiazione: divenire morti. Enzo Vitello in cerca del serial killer Dostoevskij. Due solitudini di ferro che non hanno mai smesso di credere alla loro realtà dei fatti. A complicare l’investigazione di Vitello una squadra che comandi da oltre vent’anni e che devi ora tradire, una figlia che non vedi da troppo (ma il suo spettro ti viene a cercare ogni notte), una malattia terribile che insudicia il labirinto che è il nostro protagonista.
Fratelli D’Innocenzo