Note di regia di "Playing God"
“Playing God” nasce da un periodo particolarmente difficile della mia vita, segnato dal burnout dopo anni di lavoro come puppet maker nel campo dell’animazione in stop motion. Questa crisi ha messo in discussione il mio rapporto con il lavoro e il mio senso di valore, portandomi a confrontarmi con la sensazione di insufficienza e rifiuto. Il cortometraggio riflette su queste esperienze personali, esplorando il tema dell’esclusione sociale e la difficoltà dell’individuo di adattarsi agli standard imposti dalla società. Attraverso la metafora di una scultura d’argilla, che inizialmente viene modellata dal suo Creatore (il personaggio dello Scultore), ma poi abbandonata fino ad “autodistruggersi” in nome di una perfezione impossibile. Nel contesto del film, lo Scultore rappresenta il caos e la soggettività che giudica e decide, riflettendo come le aspettative e i giudizi esterni possano essere distruttivi. Tuttavia, nella sua disperazione e distruzione, la scultura trova accoglienza tra altre creature d’argilla che come lui hanno vissuto esperienze simili di rifiuto ed esclusione. Questo gruppo di rinnegati offre alla scultura una forma di accettazione e comprensione che però lascia un punto di domanda allo spettatore: era veramente quello che stava cercando?
La poetica di “Playing God” è espressa attraverso l’animazione a passo uno, che conferisce al cortometraggio una qualità unica e immersiva. Questa tecnica si avvale di tre metodi distinti di tecniche stop motion: puppet animation, clay animation e pixilation. La puppet animation e la clay animation, utilizzando rispettivamente pupazzi di plastilina, attraverso il lavoro dell’animatore creano movimenti fluidi e dettagliati, conferendo alle sculture una vitalità tangibile. La plastilina, in particolare, è trattata come una “carne organica”, enfatizzando la qualità tattile e sensoriale delle sculture e permettendo una rappresentazione emotiva intensa. L’integrazione della pixilation, che anima attori in carne e ossa, mescola il mondo fantastico delle creature con la realtà fisica, creando una connessione palpabile tra i personaggi e il loro ambiente.
La regia di “Playing God” e il suo montaggio frenetico si ispirano al live action, sfidando le convenzioni dell’animazione tradizionale. Questo approccio meno comune nel settore si fonde con l’intensità della storia. La regia adotta uno stile meno statico e più grezzo, arrivando a utilizzare una camera a spalla in alcune riprese e mixando l’animazione della lente per effetti “out of focus” espressivi. I movimenti di macchina sono minimali e servono a passare dal micro-mondo dei pupazzi al macro-mondo dello Scultore, la cui grandezza interagisce direttamente con l’ambiente. Il sound design gioca un ruolo cruciale, con il suono della plastilina che emula la carne e un ambiente sonoro che sottolinea ogni materiale, mentre la colonna sonora, che sostituisce il dialogo, aggiunge profondità emotiva alle sequenze.
ESTETICA DI PLAYING GOD
La storia si svolge all'interno di un laboratorio che ricorda l'atelier di uno scultore, evocando l'immaginario del laboratorio di Frankenstein. Questo luogo oscuro e caotico è popolato da centinaia di sculture d’argilla deformate, disposte in un ambiente inquietante e disordinato. Al centro della stanza, un tavolo in legno massello ospita altre sculture, con una lampada che illumina il centro del tavolo come un palcoscenico teatrale.
La palette cromatica del film è attentamente studiata: l'argilla rossastra color mattone richiama i toni dei portici della città di Bologna, e i materiali argillosi della regione. Il legno materico, con la sua tonalità giallastra, si sposa armoniosamente con la terracotta, creando un'atmosfera visiva che evoca le vecchie botteghe artigiane della città.
La scelta di ambientare il film in questo contesto è un riflesso della mia connessione personale con Bologna, la città dove sono nato, vivo e lavoro. I colori e i materiali della città sono parte integrante del mio DNA artistico. Inoltre, questo laboratorio rappresenta una "fucina delle anime", un luogo di creazione incessante dove nascono e vengono rinnegate creature in modo sempiterno.
Matteo Burani