Note di regia di "Come Far Litigare Mamma e Papà"
“Come far litigare mamma e papà” è una storia di bambini. Uno dei privilegi del mestiere dello scrittore consiste nel potersi calare mente e anima nelle vite di molti personaggi, il che, indubbiamente, amplifica la sensazione della vita stessa regalando ad una sola esistenza le esperienze di molte altre. Mi è già successo di scrivere e dirigere film narrati dal punto di vista dei bambini e la sensazione è estremamente piacevole: quasi come tornare indietro fino al tempo in cui eravamo puri.
I bambini sono sognatori vitali, curiosi e forniti di quel pizzico di sana follia che rende la vita un luogo assai avventuroso. Insomma, tornare bambini è eccitante e raccontare una storia dal loro punto di vista è molto divertente. Alla base del racconto c’è un meccanismo semplice di cui la commedia si nutre da sempre: il ribaltamento della normalità.
Se normalmente infatti i bambini vorrebbero che i loro genitori stessero sempre insieme, qui la comicità scaturisce proprio dal fatto che il nostro protagonista vuole a tutti i costi farli separare. Ma attenzione: affinché lo spettatore sta al gioco bisogna che questo meccanismo, pur nella sua assurdità, suoni credibile e permetta a chi guarda il film di calarsi nei panni del protagonista.
E qui viene in soccorso la modernità: perché oggi, si può ben dire, neanche i bambini non sono più quelli di una volta. Sono smaliziati e fin troppo svegli, hanno imparato a lasciare ai grandi le paturnie psicologiche e vanno dritti al nocciolo della questione. Perché in fondo, come pensa il nostro Gabriele, i figli dei separati stanno molto meglio!
A stare male, semmai, sono i genitori che a cinquant’anni suonati vanno in giro per locali a cercare di rimorchiare uno straccio di partner. Parallelamente alla storia vista dal punto di vista dei più piccoli, c’è poi la storia dei due genitori, Stefano e Miriam, che si troveranno ad attraversare una vera crisi di coppia. E qui nasce l’insidia e contemporaneamente la sfida di questo film che consiste nel rendere armonico questo mix di toni fra adulti e bambini, fra commedia e dramma sentimentale, perché è vero che alla fine tutto finisce bene, ma i temi che la storia mette in campo sono reali e importanti.
Eh già, perché la crisi di Stefano e Miriam, a ben vedere, è una crisi di “genere” in quanto Miriam è una donna moderna ed emancipata che ha un lavoro addirittura migliore di quello di suo marito e questo genera in lui quasi un complesso di inferiorità. Insomma, ognuno dei protagonisti dovrà fare il suo percorso di crescita compreso ovviamente Gabriele che, proprio quando l’avrà perduta, comprenderà quanto è bello avere una famiglia tutta coccole, sorrisi e merende biologiche.
Gianluca Ansanelli