MAURA DELPERO - "Vermiglio, il mio film di montagna"
Maura Delpero sta accompagnando per l'Italia il suo film "
Vermiglio", vincitore del Gran Premio della Giuria – Leone d'argento all'ultima Mostra del cinema di Venezia. Oggi, sabato 21 settembre, tappa a Torino e a Milano.
Da Torino il film in qualche modo è nato, anche se è tutto realizzato nel paese trentino che dà il titolo al progetto.
«Devo molto al lavoro del TorinoFilmLab. Avevo provato anche col mio primo film, “Maternal”, e per fortuna questa volta il mio progetto è stato accettato, rendendomi doppiamente felice. Un percorso importantissimo: questo film ha una genesi molto personale e privata, avevo timore che interessasse solo a me ma confrontandomi con altri professionisti da tutto il mondo ne ho capito il valore, mi è stato chiaro il potenziale universale del progetto».
Nel cast un gruppo di attori non professionisti insieme a Tommaso Ragno, Sara Serraiocco e la torinese Carlotta Gamba.
«Come capisco a chi affidare il ruolo? Spesso faccio dei doppi casting, sia tra attori sia tra non attori, e poi vedo cosa mi trovo di fronte. Per il ruolo del capofamiglia, il maestro del paese, mi serviva un attore vero: Ragno è stato fantastico, era una figura difficile da trovare, un personaggio moltissime sfumature, amabile e odiabile allo stesso tempo. Era anche un ruolo molto diverso da quelli che ultimamente gli venivano chiesti al cinema, ha dovuto fare un gran lavoro».
Il ruolo centrale di Lucia è invece stato affidato a una non professionista, Martina Scrinzi, vincitrice a Venezia del premio Nuovo Imaie alla migliore esordiente.
«Martina è stata fantastica, quel premio mi ha riempito di gioia. Avevo provinato molte attrici per il ruolo ma quando ho visto lei non ho avuto dubbi: veniva da quegli ambienti, ha un viso antico che non si riesce a datare, un senso di stupore naturale e unico. Aveva qualcosa in più: ricordo ancora quando - casualmente - l'ho vista scendere dal treno per il provino alla stazione di Roma Termini...».
Un film dal ritmo lento ma avvolgente, con un lavoro perfetto sull'estetica delle immagini e una narrazione che avvince.
«Cerco di ascoltare il progetto che ho di fronte e adeguarmi ai suoi tempi interni. In montagna vive gente sobria, di poche parole: non potevo che realizzare un film di questo tipo. A me poi piace lavorare di scalpello sulle storie, arrivando al fulcro fondamentale, la sintesi migliore. Mi piace pensare a Michelangelo, che diceva di sentire la scultura dentro al blocco di marmo e che lui doveva solo farla uscire fuori, o a Flaubert, che mirava sempre a realizzare opere che sembrassero essersi scritte da sole».
Ultima cosa: come e quando ha saputo del Leone d'argento?
«È stata una sorpresa, anche se ci si spera sempre. Quando ho letto i nomi dei giurati ci ho creduto un po' di più, erano tutti nomi poco glamour e con molta sostanza, ho sentito che avrebbero potuto capire bene il mio lavoro. Quando poi arrivi al Lido, di fronte alla macchina gigantesca del festival, ti senti però una formichina! Di aver vinto qualcosa l’ho saputo la sera prima: sono andata a fare una passeggiata per metabolizzare la notizia, ho bevuto una lunga birra e poi sono corsa a prepararmi per ritornare al Lido».
21/09/2024, 06:28
Carlo Griseri