Note di regia di "Il Giardino delle Delizie"
L’ambiente detentivo comporta conseguenze psicologiche gravi, legate alla difficoltà di affrontare il passato e la separazione dalla vita esterna. I detenuti devono spesso nascondere la loro vulnerabilità, indossando maschere e ruoli diversi. Il teatro diventa uno strumento efficace, permettendo l’esplorazione di un presente e un futuro diversi, offrendo una fuga temporanea e la possibilità di sperimentare altre vite. La natura ludica del laboratorio teatrale facilita l’emersione e la condivisione di temi profondi, permettendo un’espressione protetta e senza forzature.
Tenendo a mente questo, l’approccio visivo e tematico del nostro documentario è stato quello di esplorare come, attraverso la recitazione e il forte legame che ha il cibo con la memoria, ogni cittadino detenuto che ha preso parte al film si sia lasciato trasportare, aprendosi a quello che è il racconto personale del proprio vissuto. Da un punto di vista fotografico si è voluto enfatizzare questo scavare nel proprio ricordo, con inquadrature rubate a volte o molto ravvicinate, come ad immergersi nel cibo preparato e nei ricordi e vita di ognuno dei protagonisti. L’ambiente della cucina stesso diventa quindi protagonista, come luogo di aggregazione, di ricordi e di evasione mentale, nell’attesa di un giudizio reale e allo stesso tempo metaforico che attende ognuno di loro.
Simone Spampinato