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Note di regia di "Sulla terra leggeri"


Note di regia di
Sin dall’inizio ho immaginato questo film come un collage lirico composto da materiali di diversa origine (riprese dal vero, archivi, immagini documentarie). La prima ispirazione l’ho avuta filmando il Carnevale dell’entroterra sardo, un culto di origini arcaiche dedicato al Dioniso dell’Oriente, molto vicino alle danze dei mistici musulmani ancora presenti nel Maghreb, che ho filmato successivamente. Si tratta di rituali ancora potenti in cui la dimensione del Visibile e quella dell’Invisibile sembrano riuscire a comunicare. Successivamente, la scoperta del libro di Julian Barnes, Livelli di vita (Einaudi, 2013), che ho letto tutto d’un fiato percorrendo La Manica in treno da Parigi a Londra, mi ha fatto capire che volevo confrontare il tema della Memoria, già presente in tutti i miei precedenti lavori, con questa dimensione dell’Invisibile. Nasce, così, la storia di Gian, un uomo che si ammala di amnesia dissociativa quando perde la donna della sua vita e che riesce a ritrovarla attraverso le pagine di un vecchio diario. Che cosa succede quando qualcuno dimentica la cosa più importante della sua vita? La difesa di Gian si rivela peggiore del dolore da cui tenta di sfuggire. E cosa succede all’altra persona quando non viene più ricordata? Diventa un fantasma, un’entità che scompare fino a diventare impalpabile. Gian, smettendo di ricordare, smette di dare vita a Leila, che così muore non una, ma due volte. Solo dialogando con l’Invisibile, Gian riesce a ritrovare se stesso, la sua identità di padre e la donna perduta, che così continua a vivere nel suo ricordo. Sulla Terra leggeri è un film sulla perdita e sul tentativo, a volte disperato, di ritrovare ciò che si è perduto: la memoria, un amore, ma anche un’ epoca del passato – rievocata dagli archivi con i suoi personaggi muti e reali che prima di Gian hanno amato, perduto, pianto, riso, vissuto – e un orizzonte mitico, evocato da antichi rituali, capace di creare un dialogo familiare tra vivi e morti, di dare un senso collettivo e cosmico ai destini individuali, di sottrarli almeno un po’ al solipsismo e all’isolamento, trovando la leggerezza di cui parla Calvino: “planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore”.

Sara Fgaier