NON SONO QUELLO CHE SONO - Tra Suburra e il teatro elisabettiano
Prendi l'Otello di di Shakespeare, mettilo in salsa Sollima, aggiungi armi e droga, e servi sul litorale romano. Una ricetta che
Edoardo Leo utilizza bene in "
Non Sono Quello Che Sono" e che alla fine porta a casa un film drammatico inaspettato, secco ed emozionante. La forza del dialetto riporta al presente un testo che non ha bisogno di presentazioni o di riassunti. Iago, Otello, Desdemona sono purtroppo ancora tra noi e vivono, amano e muoiono.
Edoardo Leo, che recita splendidamente la parte di Lago, mescola con misura e gusto, cronaca, gelosia, amori impossibili, archetipi del bene e del male già presenti nel testo del Bardo. La vicenda viene ambientata nei primi anni 2000, una storia senza tempo in cui il bene e il male si mescolano, in un vortice di inganni, tradimenti e folle gelosia.
Fotografato quasi tutto a spalla, con una luce ambiente livida e quasi documentaristica, "
Non Sono Quello Che Sono" si inserisce appieno nel filone italiano dei film sulla malavita e lo spaccio, ma il testo dell'Otello lo rende un' opera universale e dal potente impatto emotivo. Azzeccatissime le locations, il litorale romano, i ristoranti e i locali desolati del fuori stagione e le scorribande di una gioventù sottoproletaria e drogata che ricordano molto Pasolini e l'insuperato Caligari degli "sconvolti" anni 80 romani. Anche l'uso del dialetto romano mixato con la forma poetica ed aulica del testo elisabettiano si fanno apprezzare e i dialoghi scorrono fino ad arrivare ad un finale duro ed emozionante. Da brividi la scena in cui Iago spara verso il mare e da fuori scena appare un bambino a cui lui poi da la pistola, con un colpo di scena che rimane fisso in mente. La cornice narrativa dell'intervista di Iago in carcere è ottima, crea tensione e porta il film avanti fino all'ultimo respiro.
Da vedere assolutamente.
14/11/2024, 10:21
Duccio Ricciardelli