LE DELUGE - "La fine della monarchia francese parla all'oggi"
Dopo l'anteprima mondiale in piazza Grande al festival di Locarno, da giovedì 21 novembre esce al cinema in Italia “
Le Deluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta”, opera seconda di
Gianluca Jodice. A presentarlo alla Reggia di Venaria, dove è stato in gran parte girato, il regista si è fatto accompagnare dal due volte candidato ai premi Oscar, l'autore dei costumi
Massimo Cantini Parrini.
Come nasce l'idea del film?
GJ: «Volevo raccontare i giorni tra la caduta della monarchia dopo la rivoluzione francese e l'effettiva condanna a morte del re Luigi XVI e di sua moglie, Maria Antonietta: è un limbo molto poco affrontato da libri e film, anche i nostri partner francesi conoscevano poco quel periodo. Sono stato guidato dalla volontà di sottrarmi al classicismo della narrazione: a un primo atto fatto di carrellate, molto simmetrico, segue un secondo con molta camera a mano e grandangoli, una lenta discesa verso la loro fine, verso il loro tragico e implacabile destino, quando per la prima volta si avvicinarono molto tra loro, spogliati degli orpelli della monarchia. Anche con le musiche ho lavorato in tal senso, le ho volute contemporanee, spigolose e molto presenti».
Il film è stato girato tra dicembre 2022 e marzo 2023, a Venaria ma anche alla Palazzina di Caccia di Stupinigi, su cui "Le Deluge" si apre e si chiude, e al Castello di Aglié.
GJ: «Non poteva esserci un posto più perfetto, da ogni punto di vista, per il nostro film della Reggia di Venaria. La scelta della Reggia è arrivata dopo aver visitato molti musei, ville e residente in tutta Italia, anche se il Piemonte è parso da subito la terra di elezione. Volevo uno spazio che apparisse immenso per la prima parte del film (la seconda e la terza sono girate nelle celle), quando sono arrivato qui a Venaria non mi sembrava vero di averla trovata. Il secondo e il terzo atto si svolgono in celle luride e piccole, ma primo doveva essere sontuoso. La Reggia è stata fonte di grande ispirazione, ma anche tremendamente complicato: ad esempio è difficilissimo da illuminare, con questi finestroni ogni cinque minuti la luce cambiava, quando dovevamo oscurarle per le scene notturne ci voleva sempre un sacco di tempo... Ci siamo affidati a un maestro della fotografia, Daniele Ciprì, che ha fatto un lavoro pazzesco ma ha rischiato di finire dallo psichiatra!».
A Natale arriverà in sala anche in Francia: come hanno preso l'idea di un italiano che racconta la loro storia?
GJ: «Abbiamo fatto un'anteprima al festival dei film storici, a Tolosa, ed è andata bene. Certo, mi aspetto anche qualche reazione scomposta, anche solo per il fatto di aver scelto il punto di vista della monarchia. Coi francesi finora è stata bella, dura, stancante, una dialettica a tratti spigolosa. Diciamo che un certo snobismo verso l'italiano che fa un film su di loro l'ho percepito».
Che idea vi siete fatti dei personaggi lavorando sulle loro storie?
GJ: «Luigi XVI per alcuni storici aveva tutti gli aspetti degli autistici, oggi si direbbe un nerd, abbiamo molto lavorato in quella direzione. Maria Antonietta nella prima parte è incazzata e non vuole accettare la sua prigionia, poi prende atto del loro destino, si compie bene l'arco emotivo del suo personaggio. C'è una scena in cui deve urlare tantissimo, quando viene a sapere della condanna a morte: Melanie era tesissima, la riteneva fondamentale e difficile, me ne parlava sempre al telefono, si allenava a urlare andando davanti al mare, a casa sua... Il giorno delle riprese non ha voluto parlare con nessuno, si è messa la musica di Bach nelle cuffie e si è isolata finché non ha finito!».
MCP: «Aveva le cuffie? Lo scopro solo ora, e mi spiego cos'avesse quel giorno: le parlavo e non mi rispondevo, non capivo proprio cosa le passasse per la testa...».
A interpretare i due re sono stati chiamati gli attori transalpini Guillaume Canet e Melanie Laurent.
GJ: «Per fortuna hanno adorato da subito la sceneggiatura e da subito le cose sono state in discesa: Melanie è stata meravigliosa, lui era un po' più nervoso, era appena uscito il suo film su “Asterix” in cui era regista e attore, che non andò benissimo, ed era angosciatissimo, con la testa altrove. Ma è un attore gigantesco, la sua è stata un'interpretazione molto sottile nonostante le quattro ore di trucco al giorno cui doveva sottoporsi».
MCP: «Sono stati entrambi molto disponibili, lui a sopportare tutto quel trucco e lei i bustini: si ritrovava spesso a piangere dal dolore sul set, lei era pronta al sacrificio ma le donne oggi non sono più abituate a quelle costrizioni, che però erano fondamentali per la postura...».
Massimo, come sono nati i costumi del film?
MCP: «Ho pensato i costumi e i colori da associare ai due protagonisti leggendo la sceneggiatura, lo faccio sempre tre volte: per lui l'oro, per lei l'argento. Ai tempi, è documentato, li avevano reclusi senza alcun cambio di vestiti, neanche di biancheria: per mesi hanno dovuto tenere sempre gli stessi, abbiamo lavorato molto in tal senso. Man mano che la storia procede, si spogliano letteralmente dei vari strati che dovevano indossare, compresi trucco e parrucche, e diventano ai nostri occhi sempre più umani. Il bianco della Reggia mi ha anche molto ispirato».
Su che fonti vi siete documentati?
GJ: «Esistono pochi libri su questo momento storico, noi ci siamo basati soprattutto sui diari del valletto del Re, che restò con loro fino all'ultimo, sono stati fondamentali. Non sono uno storico ma tutto quello che abbiamo scritto è fedele al contesto».
MCP: «Più volte è scritto delle loro lamentele perché non gli portavano cambi di vestiti e neanche di biancheria: non avendo girato in sequenza abbiamo dovuto crearne diversi, in un diverso stato di deterioramento. Tra l'altro Maria Antonietta - che alla fine rimane solo con la sua famosa "chemise a la Reine", con cui spesso a aveva un tumore alle ovaie, non sarebbe vissuta molto anche se non l'avessero uccisa: ci tenevo - anche se poi Gianluca non l'ha inquadrata! - che si vedessero delle macchie di sangue sulla sua biancheria...».
La fine della monarchia francese è stato un momento decisivo e terribile, in cui nel sangue si è girata una pagina di storia.
GJ: «Non ho cercato volutamente riferimenti all'oggi ma molti spettatori hanno sentito la stessa inquietudine collettiva che viviamo in questi ultimi anni. Quando la storia cambia pagina nessuno è pronto».
19/11/2024, 19:36
Carlo Griseri