Note di regia di "‘O Rione"
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‘O Rione” nasce da un idea rimuginata quasi 10 anni.
Vivendo in un quartiere popolare di Napoli, dove ho ambientato e girato il corto, ho assistito a molti episodi di violenza criminale che a volte scatenavano una rabbia silente che non trovava il coraggio di essere manifestata pubblicamente schierandosi contro la malavita.
Questa rabbia si alimenta nel tempo anche attraverso servizi giornalistici portando la comunità di un quartiere ad odiare profondamente gli elementi di spicco di un gruppo criminale, a volte quasi desiderando speranzosi il loro arresto o addirittura la morte.
Così la criminalità infetta nel profondo come un cancro il corpo vivo della comunità: il rione.
Un giorno chiacchierando io e mio fratello, protagonista del corto, ci siamo posti la domanda:
cosa succederebbe se un ragazzo con dei problemi piscologici causati da una famiglia disfunzionale figlia di un di un quartiere statico dove dispersione scolastica, criminalità ed assenza di istituzioni la fanno da padrone, commettesse un gesto estremo contro i criminali del posto?
Così, pensando anche a fenomeni prettamente americani e lasciandomi ispirare da racconti come Taxi Driver o il saggio “Guns” di Stephen King, decido di scrivere “ ‘O rione” con i miei compagni di Niu Teatro Alessio Galati e Domenico Moccia.
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‘O rione” è la storia di un ragazzo che crede che un suo gesto possa essere visto con ammirazione, rispetto e liberazione dalla sua comunità. Come se solo un suo atto estremo possa estirpare il cancro che infesta le loro vite, ma che in realtà alla fine scatenerà un effetto farfalla devastante che si ripercuoterà sulla comunità stessa.
Ho deciso di girare questo corto nella maniera quanto più autentica possibile, girando interamente di notte e prestando soprattutto attenzione al linguaggio degli attori.
Mi sono confrontato molto con Alessio e Domenico, anch’essi giovani attori cresciuti in realtà simili, così come con tutti gli attori. E’ stato specie con Giuseppe Cirillo, l’antagonista del corto che per altro abita nel mio stesso rione, ch’è cresciuta questa necessità di autenticità del linguaggio.
Ad accentuare ciò ho immaginato la regia del corto come se fossero i miei occhi a girare, o meglio, a vedere quello che succede, prediligendo quindi la camera a spalla, ed ho deciso di voler girare realisticamente anche le scene più crude rappresentando corpi goffi anche nella morte che ancor più creeranno senso di disagio poiché diverso dalle morti a cui siamo abituati ad assistere sullo schermo. Infatti ho attinto ad esperienze dirette ed indirette ed al repertorio di video gore presenti su internet che abbiamo appositamente studiato
Tutto ciò al fine di restituire allo spettatore il senso di abbandono e di morte che sono la chiave del corto: la gravità e la drammaticità di un atto estremo nella folle speranza di un miglioramento sociale che porti così anche ad un proprio riconoscimento personale che altrimenti potrebbe non avvenire mai.
Gianluigi Signoriello