TORINO FILM FESTIVAL 42 - Balsamo: "Parliamo di cure palliative"
Mario Balsamo ha presentato nel concorso internazionale documentari del Torino Film Festival il suo "
In Ultimo".
Come ha scelto il tema?
Sono partito da come le persone siano in dialogo con la morte, che è anche un dialogo con la vita, e questo permette di fare un bilancio di se stessi e lasciare una sorta di testamento spirituale.
Il cinema è il racconto di storie, quelle dei degenti trovati lì, da cui emerge liberamente l'apprezzamento verso queste strutture che sono ancora scarse, solo uno su tre ha modo di accedere alle cure palliative, gli altri no.
Come ha scelto l'hospice in cui girare?
Ne ho visti molti, sono stato fortunato perché ho trovato strutture funzionanti particolarmente nel Piemonte, in quello che ho scelto c'era un'empatia molto forte, e poi anche il nome, Animus, soffio, mi è piaciuto: c'è anche un respiro della morte, e io amo particolarmente il vento, ho un rapporto molto singolare con il vento. Lì ogni stanza di degenza ha il nome di un vento!
C'è una laicità che non esclude l'assistenza religiosa per chi ne faccia richiesta, di ogni tipo di religione, ma alla base c'è una laicità molto rispettosa nei confronti di tutti.
Sono rimasto sorpreso perché non ho avuto nessun limite da parte dei degenti, né dalla struttura: tutti quelli a cui abbiamo chiesto di partecipare hanno subito aderito, compresi i parenti, hanno capito quanto fosse importante pubblicizzare questo tipo di struttura.
Come ha affrontato l'argomento, così delicato?
Vengo dai film in cui racconto la mia malattia, in cui ho sempre usato la chiave della sdrammatizzazione, la cosa che più ci stuccava era la retorica del pianto. Vengo da un atteggiamento di resilienza, del vedere come la malattia possa essere un'opportunità di vivere più intensamente, anche se non ci riesco tutti i giorni.
Queste strutture dovrebbero essere molte di più, io sono per l'autodeterminazione della morte, sul decidere personalmente il proprio fine vita.
Come ha lavorato sulla selezione del materiale?
Non ho dovuto farla in modo particolare, ma è evidente che essendo cinema le persone che comunicano le loro emozioni sono quelle che abbiamo privilegiato, sia con il silenzio sia con le parole, avevamo risorse economiche limitate e quindi pochi giorni per girare, venti, distribuiti in tre tornate.
Alla color la scelta estrema è stata mia, volevo differenziare le parti interne da quelle esterne, ho portato quelle interne al massimo della sovraesposizione per creare una sorta di tempo sospeso attraverso la luce e i loro silenzi, che ho tenuto lunghissimi.
26/11/2024, 12:08
Carlo Griseri