Note di regia di "Velocità di Fuga"
Una voce fuori campo ci catapulta nel tema portante del film, spiegando cos'è la velocità di fuga, quella soglia minima di movimento necessaria ad abbandonare l'orbita terrestre. Le immagini che scorrono, polverose come se fossero state tirate fuori da un vecchio archivio, illustrano il viaggio delle tartarughe che hanno appena abbandonato il nido verso la sopravvivenza, verso le travolgenti onde della vita. In un altro punto del pianeta Terra, un viaggiatore affronta il grigiore della routine quotidiana (il suo è un mondo letteralmente in bianco e nero) lontano dai suoi desideri, dai sogni coltivati nell’infanzia. La macchina a mano lo segue, lo spia, è testimone nervoso e curioso. Ma c'è una via di fuga. Il mondo interiore, l’astrazione e l’immaginazione: un astronauta a corto di ossigeno su un pianeta che si presenta ostile ma a colori e i movimenti di macchina diventano precisi, fluidi. In questa fantasia la salvezza è l'approdo agli elementi naturali: l’acqua che scorre liberatoria, l’ossigeno che riempie i polmoni. Ma la fantasia, il rincorrere i desideri nascosti non ci mette a riparo dall'imprevedibilità del reale. C’è l’amore. L’innamorarsi a prima vista. L’emozione del riconoscersi nell’altro. A quale orbita vogliamo sentirci legati? Se vogliamo lasciare un pianeta per conoscerne un altro, c'è bisogno di volontà. E di velocità. Quella fulminea che trasforma il pensiero in azione. Quella che ci permette di sentirci liberi persino dalla forza di gravità. Ma, in un mondo che corre troppo veloce, forse il vero atto rivoluzionario è saper rallentare. “
Velocità di Fuga" è un pezzo di cinema onirico e filosofico. Dieci minuti in cui le piccole cose, i piccoli gesti e gli sguardi assumono un'importanza cruciale. Un corto dove convivono anime e linguaggi differenti al servizio di un tema universale, o forse è meglio dire di una domanda universale e senza tempo: dove stiamo andando?
Andrea Belcastro