LA PRODIGIOSA TRASFORMAZIONE DELLA CLASSE OPERAIA IN STRANIERI
Col montaggio angosciante d'archivio, che mescola finzione e documento in un flusso infinito di immagini di resistenza e alienazioni operaie, dei titoli di testa, si apre il documentario
La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri, che già dal titolo e dall'accumulo mediatico dei primi minuti si annuncia come una seria riflessione storica, la cui presentazione visiva sarà ricostruita da ricordi e istantanee di passaggi significativi della Storia.
Sono estratti del passato rivisti, rievocati e ristrutturati, che rivedono con precisione scientifica le esperienze dell'immigrazione partendo dall'esperienza (soprattutto) degli italiani e degli spagnoli immigrati in Svizzera nel nostro Dopoguerra e durante la dittatura di Franco – e soprattutto le loro difficoltà nell'integrazione.
Interviste odierne e passate, cinema (da Chaplin a Don Camillo fino a Elio Petri e Sergio Nuti), documentazione visiva: questo film è una ricerca storica fatta e finita, perfetta per le scuole, e fieramente multiculturale e bilingue (tedesco e italiano, internazionalmente svizzero), atto a sensibilizzare sulla condizione della classe operaia nel corso dei decenni – la memoria storica degli italiani stranieri è restaurata, insieme agli episodi di soprusi e razzismo che hanno subìto, in una Storia drammatica di sopravvivenza e confronto con le disillusioni.
Siamo anche "noi" stati in disorganizzate baracche, paragonate dai giornali dell'epoca ai lager come i centri in Albania del nostro governo attuale. Il grande nemico degli italiani in Svizzera per anni è stato la Fremden Polizei, e anche in questo si trovano echi di problematiche ben vivide nell'attualità. E poi femminismo, comunismo, rock n' roll. Ma anche antibullismo, pacifismo, cantautorato e poesia antibellica, Vietnam e Israele, il '68 e il '77. Il punto di vista del film non è imparziale, ma una proposta di sguardo prepotentemente di sinistra e orientata sul problema dei diritti civili, un punto di vista antitetico (e antidotico) alla violenza della comunicazione a cui ci hanno abituato i telegiornali.
C'è una caduta di stile nelle enfatiche ricostruzioni 3D dal forte valore allegorico e spettacolarizzante; rivisitano prevalentemente la biografia del regista
Samir (Jamal Al Din), che ha vissuto episodi razzisti e ha vissuto da vicino queste problematiche e giustamente si è occupato di raccontare da dentro il proprio punto di vista, ma il resoconto storicizzato (analogo al resto delle immagini di questo film) avrebbe fatto quadrare il cerchio in modo più serio rispetto a queste vignette che spesso rischiano di scadere nel ridicolo.
L'intenzione però è forte – e la visione avvicina lo spettatore nel pratico al capire le problematiche di chi deve integrarsi e lottare per la sicurezza sul lavoro, per i propri diritti sociali. Il mondo che non si riesce a capire non è solo quello generico di colui che è altro e basta, ma la razza umana tutta con la ricorsività delle sue azioni divisorie. Voce narrante di Lino Musella e sound design di Massimo Mariani, già autore del suono capace di valorizzare i lavori di grandi documentaristi quali Martina D'Anolfi e Massimo Parenti (v. Bestiari, erbari, lapidari, 2024).
16/01/2025, 08:59
Nicola Settis