VIVREMO NELLE PARETI - Ddicato a tutti colori
che lottano per essere ricordati
Il cortometraggio di
Rocco Anelli,
Vivremo nelle pareti, realizzato grazie al supporto di un bando SIAE "per chi crea", si apre con dettagli di nature morte.
Si alternano svariati formati cinematografici, e in questo miscuglio di linguaggi e inquadrature diversificate per contenuto e contesto, all'improvviso appare, una mano, seguita da un gesto, e poi una faccia, che guarda un corpo. L'essere umano entra sempre più in campo, invece di essere subito protagonista.
Queste composizioni di cibi e oggetti accompagnano, in parallelo, una trama misteriosa raccontata per piccole vignette, accenni di relazioni, situazioni riassunte in pochi istanti – senza una classica linearità. Si delinea nel tempo un intreccio storico vicino alla storia di fantasmi, ma il cui cuore è la rappresentazione nostalgica, morbosa ed estetica di due attrazioni omosessuali, mettendole in discussione non solo relativamente alla società a esse contemporanea ma soprattutto internamente a esse stesse, attraverso le paure e i desideri dei personaggi.
La domanda che il film sembra porre è: anche se l'uomo con l'illuminismo è diventato in teoria razionale e cosciente, davvero adesso non siamo oggetto ma solo soggetto? E come mettere ciò in relazione al grande tabù della sessualità, che sempre sfida la religione e sembra mettere in discussione le ipotesi scientifiche?
La fotografia d'ispirazione esplicitamente pittorica scozza con il sound design provocatorio (che spesso rende alcuni dialoghi quasi inudibili), in un'esperienza le cui ambizioni autoriali sono nel contempo un valore e un limite. Sontuoso ma scomposto, filosofico ma carnale,
Vivremo nelle pareti riesce con poco a raccontare tante situazioni, confrontando amori e lussurie, bellezze e bruttezze.
Il testo e la messinscena sono sontuosi, e aiutano nella maggior parte delle scene a evitare didascalismi e lungaggini. Prevalentemente alle donne è dedicato un formato largo che le lascia respirare mentre gli uomini sono ingabbiati in un angosciante aspect ratio 4:3. Sul finale più didattico diventa esplicito l'intento politico del cortometraggio, relativo all'umanizzazione e alla rappresentazione umana della comunità LGBTQ+ nel tempo – cosa che già l'ottimo titolo rievoca con un vero senso di poesia.
Con le sue raffinatezze e angosce, le scelte stilistiche della regia di Anelli riescono comunque a rendere sempre efficace l'evoluzione crescente di un microcosmo che di minuto in minuto si fa romantico.
16/01/2025, 18:35
Nicola Settis