Note di regia di "Kindeswohl, il Bene del Bambino"
Kindeswohl, il bene del bambino vuole essere un film di impegno civile.
Quando Livia è venuta a conoscenza di questo argomento e me ne ha parlato, abbiamo sentito entrambi la necessità e l’urgenza di diffondere e far conoscere a più persone possibili questa incredibile patologia tutta interna al cuore dell’Europa.
E per farlo, volevamo attenerci ai fatti. Per questo, per due anni, abbiamo raccolto materiale, incontrato uomini e donne che si erano trovati, loro malgrado, ad avere a che fare con lo Jugendamt o con la Germania, contattato storici e letto e visto ore di materiale tra articoli, video sul web e petizioni al Parlamento Europeo.
Alla fine dell’inchiesta - che non si può mai dire conclusa, purtroppo - ci siamo ritrovati con una imponente quantità di informazioni che abbiamo “sintetizzato” in uno spettacolo/monologo nel quale, per più di due ore, Livia esponeva, frontalmente al pubblico, quanto avevamo appreso.
Motore di tutto era stato un libro di Marinella Colombo, una donna milanese nei confronti della quale era stato spiccato un mandato d’arresto europeo perché accusata di aver rapito i suoi stessi figli.
La storia di Marinella Colombo era, ed è, emblematica, ma soprattutto è un racconto dapprima incerto, poi sempre più consapevole, degli anni in cui si è trovata in balìa dei meccanismi dello Jugendamt e della successiva lotta contro un sistema che l’ha privata dei suoi figli.
Quando abbiamo conosciuto Marinella, aveva appena finito di scontare una condanna di 14 mesi di detenzione domiciliare e di lì a poco gliene avrebbero aggiunti altri 6 da impiegare in servizi socialmente utili. E la sentenza per quest’ultima condanna le è arrivata proprio il giorno in cui era a Roma a presenziare al nostro spettacolo.
Ma come mettere tutta questo materiale in un film?
Come per lo spettacolo, mi sono letteralmente aggrappato alle parole.
Dovevamo raccontare, dovevo raccontare, affidandomi alle parole. E’ la vita di Marinella, quella che viene ricostruita, che prende forma, in questa stanza buia, chiusa, soffocante. E’ la spiegazione di un sistema che opprime, rinchiude e toglie il fiato. E la poca luce che c’è, si perderebbe nel vuoto se non fosse per la camicetta bianca indossata dalla donna.
Al di là dell’incompatibilità delle diverse leggi riguardanti i diritti di famiglia degli Stati dell’Unione Europea, la domanda che mi sono sempre posto - e credo sia una parte drammaticamente interessante di questa storia - è: cosa sei diposto a rischiare, cosa sei disposto a fare, per riavere i tuoi figli?
Franco Angeli06/02/2025, 14:33