Note di regia de "Il Gattopardo"
TOM SHANKLAND - Regista episodi 1-2-3-6
“Volevo realizzare un adattamento de Il Gattopardo che catturasse l’emozione, l’opulenza e la sensualità bruciata dal sole dell’incredibile romanzo di Tomasi di Lampedusa per una nuova generazione. Questo libro ha sempre avuto un grande significato per me. Ancora prima di leggerlo, Il Gattopardo aveva uno status mitico nella mia famiglia, perché era uno dei romanzi preferiti di mio padre. Quando l’ho letto per la prima volta durante un viaggio on the road in Sicilia, l’effetto su di me è stato ipnotico. Certo, ero coinvolto nella lotta del Principe per affrontare l’ondata del Risorgimento che travolgeva la sua vita, ma allo stesso tempo non ho mai sentito di leggere qualcosa che parlasse esclusivamente del passato.
Le descrizioni quasi allucinatorie della Sicilia di Tomasi di Lampedusa (un’esplosione di fertilità in un giardino siciliano, l’intensità implacabile del sole) e i temi della battaglia senza fine tra desiderio e dovere, della lotta per proteggere ciò che si ama in un mondo che si sta sgretolando, risultavano immediati e potenti. Quando ho letto i meravigliosi script di Richard Warlow, sono rimasto entusiasta di vedere che condivideva il mio stesso istinto su come adattare il romanzo: catturare la qualità di un vero classico, ma sempre in modo autentico, vitale, sensuale e dinamico.
Da bambino ho viaggiato molto in Italia, ma la Sicilia ha sempre esercitato su di me il fascino più forte. Ho voluto infondere Il Gattopardo con tutte quelle impressioni vivide che l’isola ha scolpito in me, in modo che il pubblico potesse vivere la magia e il dramma di quel luogo straordinario nello stesso modo. Un tripudio di dolci colorati su una tavola della colazione… il sole accecante su una strada di montagna arida – la Sicilia è sempre un banchetto per i sensi. Volevo realizzare una lettera d’amore alla Sicilia, ma per apprezzare la natura effimera della bellezza, bisogna
percepire anche il pericolo e il decadimento che si nascondono nell’ombra. Per quanto fossimo affascinati dallo spettacolo di un ballo o di una colazione opulenta, volevamo sempre sentire il calore e la polvere che premono… il sudore su un abito da ballo. C’è un montaggio nell’episodio due che mette in luce questa intenzione: passiamo da una ripresa dall’alto di un favoloso ballo nel meravigliosamente affrescato Palazzo Biscari, alle carrozze della famiglia Salina che sollevano polvere nel paesaggio quasi desertico dei Calanchi. Per me, questo era una metafora
perfetta del senso che i momenti magici di questa vita ricca e sensuale sono fugaci. In Sicilia, bellezza e morte sono compagne di danza in un affascinante valzer. Questo ‘valzer’ e la tensione tra nostalgia e immediatezza sono stati temi che abbiamo portato avanti in tutti i nostri reparti. La scenografia incredibilmente dettagliata di Dimitri Capuani, i costumi sublimi di Carlo Poggioli e la meravigliosa coreografia di Gianni Santucci risultano classici e al contempo particolari e idiosincratici, come se fossero stati creati nel momento stesso. La colonna sonora sublime di Paolo Buonvino – con i suoi elementi classici/rustici, moderni/tradizionali – gioca magistralmente con questa dicotomia.
Le parole misteriose di Tancredi, secondo cui tutto deve cambiare affinché nulla cambi, erano centrali nella nostra visione. Il Principe ama la sua vita – la sua famiglia, le sue tradizioni, il suo status – e allo stesso tempo sente che tutto gli sta sfuggendo di mano. È quasi come se fosse già nostalgico della vita che sta vivendo nel presente. Insieme al direttore della fotografia, Nicolaj Brüel, abbiamo voluto dare alle immagini una qualità più morbida e nostalgica, utilizzando splendide lenti anamorfiche ultra-panatar per ottenere questo effetto. Ma questa scelta era radicata nella nostalgia attiva del Principe: non volevamo mai fossilizzare questa storia in un’inquadratura rigida e in uno stile statico.
Il percorso del sole nel cielo e la luce mutevole erano incredibilmente importanti per noi. Abbiamo lottato per ritagliarci il tempo necessario a catturare quei tramonti perfetti, le ore magiche, i crepuscoli o, talvolta, il sole cocente del mezzogiorno, spesso scommettendo sulla possibilità di girare scene cruciali nelle brevi finestre di luce ideale. Solo grazie ai nostri straordinari attori siamo riusciti a farlo! Questo rapporto con il sole serviva a dare al pubblico la sensazione di trovarsi sotto un sole siciliano autentico e in movimento, ma anche a trasmettere quel senso inconscio di cambiamento inarrestabile e di essere in balia di una forza più grande di noi. Il sole
sta letteralmente tramontando su una vita e su una classe sociale. Ho voluto che le immagini suggerissero sempre il dolore del tempo che passa e la nostra irrequieta ricerca di preservare ciò che amiamo, cercando di afferrare qualcosa di eterno. Questo sentimento, naturalmente, è amplificato dalla colonna sonora sublime di Paolo Buonvino!
A ogni livello, volevamo che Il Gattopardo risultasse autentico. Sono stato fortunato ad avere alcuni degli attori più straordinari. Kim Rossi Stuart si è immerso profondamente nel ruolo del Principe, trovando il suo potere silenzioso, le sue vulnerabilità, le esatte sfumature della sua voce – un accento che a volte può inclinarsi verso il siciliano, ma che è anche radicato nella nobile eredità del Principe. Kim si è anche sottoposto a una trasformazione fisica per incarnare quel ‘toro d’uomo’ di cui scrive Tomasi di Lampedusa. Tutti hanno lavorato duramente per far sì che il paesaggio umano risultasse il più emotivamente e culturalmente specifico possibile. Sono entusiasta di tutte le interpretazioni e dell’incredibile impegno che gli attori hanno messo nel progetto.
Sul set, il mio approccio è quello di arrivare sapendo quale deve essere il focus e il punto di vista di una scena, ma anche di essere curioso di ogni personaggio, per quanto marginale possa sembrare. Per me, la mise en scène acquista più verità e profondità se ogni elemento appare vivo. Ogni essere umano ha una realtà e un punto di vista. Che i nostri attori fossero protagonisti della scena o anche solo sullo sfondo, potevo sempre contare su ogni volto e voce per essere vivi e autentici. Ci sono momenti nella famosa scena della cena in cui mi diverto immensamente ad ascoltare le chiacchiere occasionalmente improvvisate dei bambini Salina, anche se il mio focus è sulla crescente chimica tra Tancredi e Angelica. Questo era particolarmente importante perché il Principe non cerca solo di conservare la ricchezza materiale e lo status: la sua vera preoccupazione è più spirituale ed emotiva. La sua famiglia. La sua tribù. Sul letto di morte, i piccoli momenti quotidiani sono più importanti di un intero patrimonio.
Volevamo sempre trasportare il pubblico in panorami epici così come nei momenti più intimi. Il Principe, nel romanzo e negli script di Richard, a volte riesce a vedersi nel Grande Disegno della Storia, prima di essere risucchiato da preoccupazioni immediate e intime. Tramonti, balli, parate, l’arrivo di Garibaldi – ho amato la possibilità di passare da una grande visione panoramica dei cambiamenti drammatici a un primo piano intenso su un volto. Questi personaggi sono così
sfaccettati e psicologicamente coinvolgenti che volevo che la macchina da presa portasse il pubblico il più vicino possibile alle loro emozioni. Non potrei essere più orgoglioso del lavoro incredibile del nostro cast e della nostra troupe, e sono entusiasta all’idea che il pubblico possa riscoprire la magia di questo straordinario romanzo.”
GIUSEPPE CAPOTONDI - Regista episodio 4
“Girare Il Gattopardo è stata per me un’esperienza unica, non solo per il fasto della ricostruzione storica, la ricchezza dei costumi, la moltitudine di comparse, le carrozze, i cavalli e gli straordinari palazzi. Ciò che l’ha resa davvero significativa è stata, forse ancor più, la profondità con cui questa storia risuona nel mondo contemporaneo.
Oggi, come nella Sicilia ottocentesca di Tomasi di Lampedusa, il potere si trasforma per preservare se stesso. E ciò che da sempre mi affascina nel Gattopardo, oltre alla spietata rappresentazione della decadenza che segna la fine di un’epoca — con la sua malinconia e il suo senso di smarrimento, mai così attuali — è proprio la sua straordinaria lucidità nell’analizzare la capacità del potere di adattarsi. In fondo, come afferma Tancredi, “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.”
LAURA LUCHETTI - Regista episodio 5
“Don Fabrizio, in un monologo pieno di emozione e di verità universali afferma di appartenere ad "Una generazione disgraziata a cavallo fra i vecchi tempi e i nuovi" trovandosi a disagio in entrambi perchè ha la consapevolezza del progressivo, inarrestabile e lento declino della classe nobiliare travolta dagli eventi che spaccano in due il paese.
Con questo monologo si raggiunge l'apice narrativo del Quarto episodio, l'unico girato a Torino, l'episodio delle verità, della caduta delle maschere, della consapevolezza della realtà di ognuno dei personaggi.
Il mondo che cambia di cui parla Don Fabrizio è anche il mondo della propria famiglia che si sgretola. Tutto ciò che sembrava perfetto mostra il suo lato oscuro negli intrecci emotivi e relazionali dei personaggi. E' un racconto intimo, profondo che svela i segreti ed i peccati dei protagonisti quello portato avanti nel Quarto Episodio. Il potere politico si spezza sotto le nuove forze rivoluzionarie cosi come il castello di cristallo costruito da Don Fabrizio per la sua famiglia.
La disillusione di Concetta nel vedere cosa è divenuto di Tancredi, il vero volto di Angelica che si svela senza pudore, la malinconia di Don Fabrizio nel rendersi conto che il suo tempo è passato, sono elementi che rappresentano il cuore dell'episodio e sui quali abbiamo lavorato con passione ed emozione, soffermandoci sulle nuances espressive, emotive e passionali della recitazione.
I dettagli espressivi dei meravigliosi personaggi sono stati il fulcro del lavoro fatto in questo episodio. La bellissima scrittura mi ha permesso di approfondire il racconto sul femminile, soprattutto nel cambiamento del personaggio di Concetta, sottile e al tempo stesso esplosivo.
Il potere che cambia, che sottende a tutto lo svolgimento di questo episodio, deflagra nel finale.
In un confronto con il padre, inaspettatamente ma non imprudentemente Concetta cambia le carte del proprio destino e del potere famigliare fino ad allora gestito da Don Fabrizio. Un momento di alta temperatura emotiva, padre e figlia nell'angusto spazio di una carrozza, i loro volti incorniciati in strettissimi primi piani, non possono più sfuggire l'uno all'altra.
Concetta superando tutte le regole e le imposizioni del tempo, finalmente chiede per sé ciò che le è dovuto, esprimendo così, in questo episodio, tutta la forza di un personaggio femminile moderno, unico e rivoluzionario.”
25/02/2025, 16:14