Note di regia de "Il codice del bosco"
C’era un tempo in cui l’uomo guardava alla natura con rispetto e meraviglia. Boschi, fiumi e montagne erano visti come luoghi abitati da presenze invisibili, forze con cui bisognava entrare in sintonia prima di insediarsi, coltivare la terra o costruire un tempio. Un tempo in cui ci si poneva in rispettoso ascolto del “genius loci”. Oggi, invece, abbiamo smesso di ascoltare. All’inizio volevamo raccontare un esperimento scientifico “non convenzionale”, ma lungo il percorso abbiamo scoperto un’altra storia: quella di un bosco ferito, incisa sotto la corteccia degli alberi da un minuscolo insetto. Così quello che doveva essere il resoconto lineare di un esperimento è diventata un’esperienza inattesa condivisa con gli scienziati, che ci ha rivelato il vero cuore del processo scientifico: un viaggio fatto di ipotesi, errori e scoperte, dove pianificazione e imprevisti si intrecciano. Lontana dall’essere un insieme di certezze, la scienza che ci affascina davvero è viva, una lente che allarga il nostro sguardo, apre nuove domande e ci spinge a ripensare il mondo. Oggi si parla molto di Intelligenza Artificiale, ma forse abbiamo bisogno prima di tutto di riconnetterci con un’altra intelligenza: quella della natura. Serve un cambio di prospettiva, una nuova rivoluzione copernicana che ci aiuti ad abbandonare l’idea di essere il centro del mondo, per riconoscerci parte di un ecosistema più grande, abitato da specie che esistevano prima di noi, hanno sperimentato l’evoluzione molto più a lungo e forse hanno qualcosa da insegnarci. E’ tempo di riscoprirci come parte di un tutto: d’altronde l’altro non esiste, ce lo insegnavano le culture sciamaniche un tempo; lo conferma la fisica dei quanti oggi. E’ tempo di reinventare il nostro futuro, che non è quello di ridurre il mondo a nostra immagine e somiglianza, ma re-imparare a co-creare con la natura, rispettandola e convivendo con essa nel segno della biodiversità e del reincanto.
Alessandro Bernard e Paolo Ceretto