Sinossi *: Un percorso ròmito lungo i Campi Flegrei attraveso i versi del suo poeta, Michele Sovente. Tra storia e mito come Ulisse, Plinio o Virgilio, un uomo, o meglio, un’ombra fluttuando comincia a raccontare di una volta… Olim… Mentre ogni cosa si arricchisce di elementi immaginifici, i Flegrei, con lo zolfo nel sangue, si manifestano come una landa ‘lunare’ fatta di alveari, marmi, ossa, miele e acqua salata.
Note:
Testi: Versi estratti da “Cumae” (Michele Sovente, poeta dei Campi Flegrei)
Custodisce Baia nel mare il Palazzo Imperiale, liburne anfore statue, si confonde il marmo con l’acqua che riscrive silenzi, beata abrade i nomi di dominae poeti viaggiatori.
Fumo zolfo vapori moltiplicano l’aria, di vesti remote ruote i laghi Fusaro Lucrino Averno risuonano, sospeso nella randagia voce di Plinio, di Virgilio è Capo Miseno.
Formiche vespe ragni nel folto si muovono di foglie, di mattoni, la memoria in nicchie inciampa, e colombari.
Da segrete muffe consunta, le viscere gonfie di rovine, d’ossa, nulla, null’altro che l’oblio desidera Cappella?
Sogna il turismo Bacoli, sogna Monte di Procida l’America.
D’altro parla il tempio di Serapide a Pozzuoli con le sue colonne inquiete.
Abbondavano una volta qui miele e mirtilli.
«Olim...», fluttuando prende un’ombra a raccontare, mentre tutto il fuoco in fondo nuove bocche spalanca.
Diletti miei phlegraei campi infetti dove sine die l’immobilismo si allea con il bradisismo