Sinossi *:
Ben prima che diventasse una forma di espressione popolare sui social (IG, YT, FB, TT..) dove le persone dialogano con se stesse, travestendo diversi panni, si direbbe più per gioco che per autoanalisi, cercavo di dare voce alle diverse parti di me, in continuo conflitto, per trovare un disegno coerente.

1) La salita al Golgota e poi la crocifissione sono divenute, quanto meno in Occidente, la metafora per eccellenza del sacrificio; al di là della disquisizione sulla natura di Gesù (divino, semi-divino, umano, profeta, filosofo, ebreo, ribelle, personaggio mitologico); si potrebbe dire che un artista partorisca la sua opera; o si potrebbe dire che in realtà si tratti di una crocifissione temporanea; intesa anche come aderenza del corpo dell'artista a qualcosa di inerte, inanimato, che sarebbe l'oggetto d'arte; e che in questa metafora viene rappresentato dal crocifisso; l'artista porta la sua opera a compimento, vi aderisce interamente ma poi... deve staccarsene per continuare il suo cammino; si potrebbe vedere, in quel Gesù che rotola giù dalla collina nella seconda parte del film, la risultanza di un parto; la parte viva di un parto; che non è l'oggetto d'arte ma l'artista; che è sempre nel futuro della sua opera; un fanciullo lanciato fuori dalla pancia (ma questa è per certi versi altra narrazione sulla narrazione) (anche se in effetti, pur non vedendosi, esiste nel racconto);

2) si può vedere in The Miracle, anche la messinscena di un mondo Asperger/Autistico, ovvero un mondo chiuso, impermeabile all'esterno, che si nutre solo di se stesso; cosa questa impossibile, frutto di un'alienazione affettiva; quindi tutta la metafora dell'uscire dal cerchio, starebbe ad indicare la volontà di scarcerarsi da un mondo sì logico, sì creativo ma anche mortifero, perché non capace di stare in contatto con l'alterità; anche questo esiste nell'animo umano in generale ma sicuramente più acutizzato nell'allucinazione psicotica che chiamiamo "fare arte"; tuttavia chi non è un po' autistico scagli la prima pietra; si può dire infatti che chiunque desideri scavare oltre quella che è la facciata sociale, si avventuri nel paradosso della sua anima autistica; paradosso perché l'anima non può vivere senza la facciata sociale; (non si può buttare via il bambino con l'acqua sporca)

3) si può vedere, nello scriba pittore, che continua a toccare il volto di Gesù, per metterlo in posa, come Gesù fosse un semplice modello, il sadismo dell'arte (dell'arte cristiana che sicuramente però non ha avuto l'esclusiva) il velato implicito sadismo di creare delle specie di gare, di competizioni, tra artisti, a chi sapesse rappresentare al meglio la figura di Gesù; come se la sua esistenza rappresentasse un mero fenomeno estetico; in verità l'arte dell'occidente ha raggiunto per tramite di questa figura storico-mitologica i suoi livelli più sublimi; ma nel medesimo tempo si è progressivamente traghettata verso il manierismo; vendendosi l'anima dei primordi, che dava all'arte la funzione di intermediaria tra l'umano e il divino; così ecco che Gesù viene seviziato da un pittore e forse questo non s'è mai visto al cinema; e nemmeno nella pittura;

4) una nota personale; mentre montavo questo film e vedevo nella stessa inquadratura i diversi frammenti della mia identità, cioè quindi si ricomponeva il mosaico frantumato, accadeva qualcosa di inedito a livello di esperienza/percezione interiore; sentivo come se qualcosa, un messaggio, venisse spedito nell'anima, e lo sentivo "fisicamente", come se scendesse verso giù; e verso "dentro", negli abissi di me, nelle radici...; da quel momento il "crocifisso" come simbolo pre/potente, interiorizzato in un momento di massima permeabilità (l'infanzia), s'è dissolto nella sua necessità di esistere; e sotto quella crosta ho riconosciuto l'ebraismo come sua più autentica e profonda origine;



Note:
THE MIRACLE fa parte di una Trilogia sulla Dissociazione, insieme a SOVIET e INSIDE GENTUCCA.

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