Sinossi *: Alfredo Müller è un pittore e incisore italofrancese, nato a Livorno nel 1869 e morto a Parigi nel 1939, che ha vissuto, tra Firenze e Parigi, una vita che sembra uscita da un romanzo. La sua pittura suscitò dibattiti dai toni molto accesi anche se tuttora manca uno studio critico completo. Ma non importa! Come afferma nel 1922, in occasione di una mostra a Milano, l’artista voleva «lasciare che sia il pubblico e la critica a giudicare il mio istinto che è l’arte mia». Francesco Andreotti, Azzurra Conti, Livia Giunti e Hélène Koehl l’hanno preso in parola e hanno allestito una mostra «fugace» ospitata nella Galleria Studio d’Arte dell’Ottocento di Livorno con una ventina di quadri, allo scopo di invitare lo spettatore a fare un viaggio iniziatico nel cuore della sua pittura. L’occhio della telecamera segue il lavoro del pittore, pennellata dopo pennellata, cogliendo l’inedita successione di colori e forme che abitano supporti diversi, cercando infine di restituire il percorso di uno sguardo intento ad esplorare la tela. Man mano, lungo il viaggio, scaturisce la magia, e l’artista — considerato troppo cerebrale dai suoi contemporanei, la cui pittura evoca quella di Claude Monet scoperto a Parigi nel 1890 e ricorda quella di Paul Cézanne con cui ha dipinto, pur senza dimenticare la lezione del suo primo maestro, il ritrattista fiorentino Michele Gordigiani — diventa semplicemente Müller, un personaggio affascinante che dipinge con la luce in modo malinconico. Alcune acqueforti evocano il periodo parigino. Il viaggio è accompagnato dal pianoforte di Ellina Akimova, dalla voce di Matteo Giunti che interpreta Müller, dalle parole di Verlaine e Dante recitate da Livia Giunti e Francesco Andreotti, e infine dalla magnifica voce della soprano Andreea Soare che canta il Giusto cielo di Rossini, un’aria che ha la capacità di restituire meglio di qualunque discorso l’ambientazione delle Arlecchinate, scene tragiche ma dal tono leggero.
(Hélène Koehl, Les Amis d’Alfredo Müller, présidente)