Sinossi *:
Il documentario “Essere Hikikomori. La mia vita in una stanza” si propone di raccontare la vita, i sogni e le prospettive di quattro giovani Hikikomori italiani: Alessandro (20), Davide (22), Eva (26) ed Alessio (24).
Nell’arco della storia conosceremo a fondo le vite complicate e incastrate di questi quattro ragazzi, entrando nel buio delle loro stanze e seguendo il loro percorso narrativo personale.
Racconteremo le cause sociali-familiari-caratteriali del loro isolamento, le caratteristiche del loro quotidiano, il vivere al buio come vampiri, il non mangiare, la perdita della percezione del tempo, la dipendenza da internet e infine, seguiremo insieme a loro le speranze di rinascita personale.

Eva vive in una casa condivisa con altri studenti a Torino. I suoi coinquilini non li ha praticamente mai visti in faccia perché Eva non esce quasi mai dalla sua stanza, se non per andare a fare la spesa una volta al mese; e lo fa di notte quando non c’è nessuno. Naturalmente, la sua famiglia non sa che Eva è un Hikikomori. Il percorso di Eva, l’unica ragazza del documentario, è legato alla sfida nell’affrontare l’ultimo esame universitario per conseguire la laurea in Lingue orientali. Un singolo esame che Eva rimanda da due anni, da quando si è chiusa in camera nel timore di ciò che potrà riservarle la vita una volta uscita dal suo personale limbo. Forse riuscire a fare a quell’esame le servirà a ricucire le ferite con un passato doloroso. Difatti, fino a qualche anno fa Eva era una ragazza felice e normale. Viveva e studiava in Giappone e aveva persino un fidanzato giapponese. Poi la sua borsa di studio è terminata e i suoi genitori non hanno accettato di pagare per farla rimanere. Così è tornata in Italia. Da lì il crollo. È diventata una Hikikomori. Seguiremo Eva nel tentativo di superare questo trauma.

Davide è un Hikikomori convinto e consapevole, ha interessi precisi e una routine strutturata. Vive sincronizzato sul fuso orario di Los Angeles: ​di giorno dorme, di notte vive. Isolandosi dai ritmi normali. Mangia una volta al giorno e trascorre le sue giornate a disegnare e a giocare ai videogiochi. La sua storia inizia quando un giorno, per caso, un incontro online rompe la sua routine. Questo incontro si chiama Martina. Seguiremo nel documentario la sua complicata storia d’amore con Martina, una “ragazza normale”, vedremo gli sforzi enormi che dovrà fare Davide per conoscerla di persona e iniziare una relazione.

Alessio ha gli occhi chiari e uno sguardo così duro che è difficile da reggere a lungo. È rinchiuso da cinque anni nella sua stanza da letto. Passa il tempo suonando la chitarra e giocando ai videogiochi (adora un simulatore di volo).
Conosceremo la sua storia personale, approfondendo il rapporto conflittuale che ha con suo padre Michele, che è alla base del suo isolamento sociale. Cercheremo di seguire il lento riavvicinamento tra genitore e figlio, nella speranza che si riformi il loro legame.

Alessandro ha i capelli lunghi e un viso gentile. Assomiglia ad un giovane Conte Dracula. Bianchissimo di carnagione, non sopporta la luce del sole e le tapparelle della sua stanza sono sempre abbassate. Alessandro non ha amici ed è molto legato a sua madre ma ha un pessimo rapporto con il suo nuovo compagno. È il più giovane tra gli Hikikomori del nostro progetto ma ha un grande progetto, concepito nei mesi rinchiuso nella sua camera da letto: realizzare qualcosa che possa cambiare la sua vita e quella di altri ragazzi isolati come lui. Entreremo nel quotidiano della sua vita monotona e seguiremo il suo tentativo di formare un gruppo di ragazzi Hikikomori che, aiutandosi a vicenda, trovino la forza per uscire insieme di casa.

All’interno del documentario ci sarà spazio anche per un altro punto di vista, necessario per mettere a fuoco il fenomeno. Seguiremo infatti le riunioni dell’associazione genitori Hikikomori, raccogliendo le loro drammatiche
testimonianze e raccontando i loro difficili tentativi di creare un dialogo con i figli, nel tentativo di aiutarli ad uscire.
Il documentario è caratterizzato dalla presenza di animazioni grafiche; un graphic novel dal titolo “Deep”, suddiviso in quattro capitoli che si alternano alle storie dei quattro ragazzi. Il plot del graphic novel è nato durante una serie di incontri online e di persona con i ragazzi: la vicenda è ambientata in un futuro distopico e ha come protagonista un loro alter-ego di nome Edi.
Siamo nell’anno 2100 l’umanità si è rifugiata nelle viscere della terra per colpa di un incidente nucleare. L'umanità vive nel buio, in enormi e profonde caverne. Il protagonista della storia è un ragazzino – Edi, per l’appunto – che, come tutti gli uomini, non è mai uscito alla luce del sole, né all’aria aperto. Ma Edi, spinto dalla curiosità, intraprende un difficile viaggio per risalire in superficie ed uscire fuori a vedere com’è il cielo.

Il documentario ha diversi stili narrativi: la parte che racconta il reale e la vita dei ragazzi è osservativo, senza virtuosismi registici ma al servizio della narrazione e della storia. Il blocco di finzione, dunque l’animazione grafica, ha un linguaggio più immediato e puramente cinematografico.
L’urgenza del documentario è legata all’attualità stringente del tema, vista la sua diffusione capillare: in Italia si stima che ci siano circa 100.000 ragazzi Hikikomori. Il documentario vuole quindi essere anche una forma di aiuto per tanti adolescenti che vivono nella stessa dimensione di isolamento volontario dei nostri ragazzi, raccontando storie coraggiose di chi sta lottando per uscirne.
L’unicità del progetto sta anche nel fatto che questa tematica è stata poco approfondita in Occidente. In Oriente, dove la figura dell’Hikikomori è largamente diffusa e in qualche modo accettata, esistono già diversi progetti cinematografici sull’argomento. L’idea alla base del progetto è dunque quella di avvicinare il pubblico ad una tematica poco conosciuta, adottando un approccio anti-retorico e lontano dagli stereotipi. Evitando ogni giudizio sui ragazzi, perché il giudizio per loro è il tema più sensibile.

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Note:
Il documentario è caratterizzato dalla presenza di animazioni grafiche: un graphic novel dal titolo “Deep”, suddiviso in quattro capitoli che si alternano alle storie dei quattro ragazzi, nato durante una serie di incontri online e di persona con i 4 protagonisti.

Hikikomori è un termine giapponese che significa stare in disparte, isolarsi. Ed è questo che, nelle loro stanze o cantine, gli hikikomori fanno: cercano rifugio da una società ipercinetica, dalla quale si sentono aggrediti e dove molto spesso la famiglia viene vissuta come un peso e la scuola come un luogo distante. È un fenomeno in grande crescita che si è drammaticamente accentuato con il lockdown. Solo in Italia sono registrati più di 100.000 casi di giovani che vivono nell’autosegregazione.

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