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FRANCO MARCONE - Un uomo da non dimenticareSinossi *: Un progetto su un caso di omicidio ormai “chiuso” è una sfida perché venga riaperto, almeno nelle coscienze dei cittadini che credono nella Giustizia, quella con la G maiuscola e che non si ferma davanti a niente e a nessuno. Una sfida perché chiunque sappia che l’oltraggio, di qualsiasi tipo, non debba essere mai dimenticato, in quanto negazione dell’Uomo, della sua dignità, emancipazione e libertà.
Il progetto vuole ricostruire la vicenda intorno alla morte di Franco Marcone, dipendente dell’Ufficio del Registro di Foggia, ucciso con due pistolettate mortali, il 31 marzo 1995, da una mano rimasta ignota.
Il “caso Marcone” resta uno dei più inquietanti misteri italiani. Il delitto nel corso degli anni è stato messo in relazione con molti elementi (imprenditoriali, politici, sociali, giudiziari) che hanno agitato le acque del territorio di Foggia. Questa città dallo sviluppo diseguale ha favorito l’insorgere di fenomeni delinquenziali, in gran parte originali rispetto al panorama nazionale. Quasi sempre, nei più gravi casi di cronaca del capoluogo, l’azione criminale si è potuta manifestare grazie alla connessione tra alcuni forti protettorati e una manovalanza ottusa e brutale.
Attraverso una ricostruzione del contesto nel cui seno l’omicidio è stato consumato, grazie anche ad un’analisi delle origini storiche del malessere che ha segnato molti momenti della Capitanata e a una esposizione dei fatti accaduti a ridosso del 31 marzo di 14 anni fa, si giunge all’approfondimento delle incredibili coincidenze per le quali il delitto è rimasto impunito.
In questo consiste la docufiction “Franco Marcone: Un uomo in piedi e la signora vestita di nebbia”, il cui scopo è di portare la coscienza civile degli spettatori a confrontarsi con un Sistema (quello Italiano e Meridionale in particolare), che soffre ancora innumerevoli difficoltà ad emanciparsi da forme di Potere occulto e privo di scrupolo: una sorta di endemia del Male, che certamente si potrebbe combattere se solo lo si volesse fino in fondo, se solo si creassero i presupposti valoriali e soprattutto sociali ed economici in grado di contrastarla.
Questa docufiction vuole suscitare nello spettatore emozioni intense, utilizzando sia il lavoro di ricostruzione operato dal protagonista maschile (un autore sempre più attonito, coinvolto e sconvolto dai fatti che assembla), sia attraverso il racconto delle supposizioni, emozioni, prove che via via si sommano nei racconti degli intervistati. Tutti costoro, attori di un intreccio che non abbandona mai l’aderenza ai fatti, tessono una trama che avvolge l’insieme della vicenda, rispondendo così alle caratteristiche del genere “docufiction”, in cui gran peso acquisisce l’onestà intellettuale dell’autore, che ha sia l’obbligo di non alterare la corrispondenza al vero, sia quello di costruire intorno ad esso una rete di sentimenti che meglio si condividano col pubblico.
In sintesi, il personaggio maschile è il regista del documentario che, addentrandosi, mostra sempre più la sua adesione etica ai valori di Franco Marcone, totale almeno quanto lo sdegno per il delitto compiuto, almeno quanto lo scoramento per l’impotenza a cui si è arresa l’inchiesta.
Anche un’attrice “vera” è impegnata nello sviluppo dell’opera, per la costruzione di un personaggio un po’ misterioso, che, superate le remore generate da un contesto dove “girare la testa da un’altra parte” è la prassi, agisce invece perché si apra una strada risolutiva per l’individuazione dei veri mandanti.
Una miscela di emozioni prende corpo dunque, mentre la documentazione in forma visiva si dipana, ora affidata alla pellicola (per le parti fiction), ora al digitale (per la parte documentaria).