Sinossi *: "Io ho fissato il fuoco per sempre" è un'indagine sull'atto di guardare e di essere guardati, una storia dello sguardo (non) archiviato.
Un'ipnosi collettiva, un nemico invisibile, subliminale, un'energia impalpabile sul punto di esplodere. Lo sguardo del soggetto filmato, quello della macchina da presa e quello dello spettatore innescano un'ossessione partecipata, fatta di occhi in azione. Occhi che fissano, il vuoto o il prossimo. Incroci. Incontri mancati. Repentine accensioni. Tra paura e desiderio. La minaccia è fuori campo? Se c'è una soggettiva, è quella di chi?
Modi di vedere. Di accorgersi di essere visti. C'è qualcuno, fuori campo, che agisce come dispositivo sotterraneo, meccanismo non rivelato all'occhio dello spettatore. Qualcuno minaccia o intacca la quiete della nostra visione e staccare lo sguardo troppo presto, si sa, potrebbe risultare fatale.
Il respiro interno delle immagini è mosso da pensieri veloci, primitivi, passaggi di stato sulla soglia dell'automatismo di natura più onirica. Lo sguardo dei soggetti/oggetti fatti riaffiorare dall'archivio si trasforma in “errori sonori di segnale”, “pensieri-suoni” che assumono una loro matericità, sostanza ben tangibile eppure sempre sfuggente, diventando da effimeri presagi a realtà concrete con cui relazionarsi. L’occhio della macchina da presa, associato al suono, si fa interprete di realtà astratte o immaginate, diventando di volta in volta da presenza misteriosa, ospite inatteso, intruso ben accolto, ingombrante e quanto mai reale e concreto elemento di sfida e di lotta, enigmatico, sospeso, interdetto, concentrato. La messa a fuoco dello sguardo, come quella della macchina da presa, è esercizio sul confine della meditazione. Pratica meditativa del concentrare lo sguardo su un oggetto, connessione sguardo-mente attuato con precisione e ostinazione. Pratica antropologica dell'indagare l'evoluzione e la continua dialettica del rapporto tra “verità” della presenza e predisposizione ad una messa in scena di sé stessi.
Quelli che guardano l'obiettivo vedono già il futuro? Immortalano lo sguardo. Osservano scorrere la vita (o la morte) nei propri occhi?
Quelli che guardano in camera cercano un posto libero nelle stanze e nell'anima di chi li osserva e cattura filmandoli?
Cosa succede nel momento di fissare la camera? Si può dilatare questo momento, moltiplicarlo, esportarlo, espropriarlo alla biomeccanica “naturale” e farne altro attraverso il montaggio audiovisivo?