Sinossi *: Sono passati vent’anni. Libero Grassi, imprenditore palermitano, si rivolge direttamente agli estortori, che da lui pretendono il pizzo, con una lettera pubblicata in prima pagina sul Giornale di Sicilia. E’ il 10 gennaio 1991. Per molti è la data che segna l’inizio della lotta al racket. Da quel momento nessuno può più dire “io non sapevo”.
Libero Grassi non ha una statua che lo ricorda, né una piazza o molte vie a lui intitolate. Libero Grassi ha una lapide, scritta a mano e una macchia rossa dipinta ogni anno dalla moglie e dai figli, sul marciapiede dove i killer di Cosa Nostra lo hanno ucciso sparandogli alle spalle. Molti anni più tardi, la sua idea ha scatenato una rivoluzione possibile che oggi coinvolge oltre diecimila cittadini palermitani che si riconoscono in una frase: “Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità”.
La vicenda di Libero Grassi viene rivissuta, in questo documentario, dalla moglie e dai figli che ora raccontano anche una nuova storia, quella della sua eredità morale.
I ragazzi di Addiopizzo, con Tano Grasso, con un imprenditore che come Grassi si è ribellato, insieme al presidente dell’associazione Libero Futuro che assiste gli imprenditori taglieggiati dalla mafia e a chi ha voluto la modifica del codice etico di Confindustria, raccontano una straordinaria Palermo animata da una nuova dignità popolare. Si avvera così il sogno di Libero Grassi.
Il 29 agosto 1991 è stato ucciso, ma “è morto da persona viva”.
Non era un eroe, era un “siciliano normale” che si divertiva a ripetere, coerentemente con tutte le scelte che ha fatto, che il suo “più che un nome è un aggettivo”.