Intervista al regista Volfango De Biasi sul film "Come Tu Mi Vuoi"
Come e’ nata l’idea di questo film?
Volfango De Biasi: Imbattendomi l’anno scorso in una puntata di un programma TV - Trash mi sono chiesto perchè le donne non protestano abbastanza, ma si adeguano passivamente al modo in cui vengono rappresentate e di conseguenza considerate. Ho scritto così questa sceneggiatura con Alessandra Magnaghi – e con la collaborazione di Gabriella Tomassetti e Tiziana Martini- con l’intenzione di dar vita ad una commedia di contenuti che cercasse di evitare i clichè della cosiddetta “commedia spazzatura”, ma fosse coniugabile anche ad una buona forma, ad una ricchezza visiva. In tempi come i nostri di consumismo sfrenato volevo anche riflettere sul forte dilemma tra l’essere e l’apparire senza però l’ambizione di dar vita ad un film moralista: avendo vissuto e studiato anche negli Stati Uniti ho pensato semmai alla struttura di un college movie americano.
Ha dovuto lottare per convincere i produttori a finanziare questo copione?
Volfango De Biasi: Dopo un’infinità di altri tentativi andati a vuoto – ho fatto la gavetta lunga - mi sono semplicemente trovato al momento giusto nel posto giusto. E confesso senza pudore alcuno che se non ci fosse stato “Notte prima degli esami” di Fausto Brizzi, forse questo film sarebbe ancora nel cassetto. Al di là delle chiare differenze fra la sua bella e fortunata commedia e il mio film, il successo di un’opera singola riesce ad aprire dei filoni in cui è possibile infilarsi. Per quel che riguarda il mio copione avevo scritto una commedia, cosa sempre gradita in Italia, con personaggi chiari e una doppia lettura semplice ed immediata. Quindi una volta fissati gli accordi iniziali ho potuto lavorare in grande serenità e indipendenza.
Lei racconta che per amore si può cambiare e lo fa in una maniera piuttosto insolita e “cattiva”…
Volfango De Biasi: Si, vediamo in scena Giada, una ragazza bruttina, studiosa e piena di ideali sani e civili da cui a un certo punto abdica per sposare l’apparenza pur di coronare il suo sogno d’amore, finendo col perdere la propria anima sino a quando nel finale le carte si rimescolano. Arriviamo all’happy end come le regole della commedia richiedono, però spero che una serie di provocazioni disseminata qua e là lascino quel retrogusto amaro che volevo rappresentare. Il film aspira a far riflettere sul fatto che la bellezza esteriore ha un costo e non è affatto innocente. Il dominio del bello sul brutto è una forma di violenza, come violenti sono gli input che ci spronano all’omologazione. La società è crudele e nel raccontarla anche con il sorriso c’è poco da edulcorare. E poi credo che senza cattiveria non ci sia commedia. In assoluto. Giada all’inizio viene allontanata da tutti nonostante dica cose intelligenti e sensate quando e’goffa e poco attraente salvo poi venire unanimemente accettata quando diventa bella. Per fare questo però è necessario vendere in qualche modo l’anima al diavolo e saltare dall’altra parte della barricata, dei vincenti che giudicano e fanno tendenza. Quindi alla fine chi vince e chi perde? Se tutti pagano un prezzo?
Le stava a cuore denunciare i comportamenti eteroguidati dalla necessità di apparire ad ogni costo?
Volfango De Biasi: Volevo portare in scena una favola moderna che potesse coinvolgere un po’ tutti i tipi di pubblico, puntando a lasciare gli spettatori qualche riflessione e la sensazione di aver visto un film divertente ed onesto nella sua fattura e nelle intenzioni. 20 anni fa avevo 15 anni e sentivo parlare del ’68 e dei suoi ideali e cambiamenti, oggi guardando ad un target di 15-25enni sembra che in questi ultimi 20 anni non sia successo nulla di speciale se si esclude l’escalation della tv e quella di Internet...Mi sembrava importante allora riflettere sull’influsso dei media, del consumismo e delle tendenze alla moda e credo che il nostro film sia piuttosto attuale perché cerca di esaminare attraverso il linguaggio della favola come i ragazzi siano inevitabilmente coinvolti da questo imperativo sociale, parla dell’inevitabile obbligo di apparire a qualunque prezzo perchè vieni accettato solo se appari. E questo purtroppo mi pare un fatto acclarato.
Come verrà fuori il suo punto di vista?
Volfango De Biasi: Spero che si colga il tentativo di riflettere sull’etica, al di là dei moralismi: un certo argomento va raccontato nella sua ambivalenza, credere che Bello sia anche Giusto ci porta a perversioni tipo “American Psyco”, l’importante è sapere quanto costa. Il nostro è comunque un film leggero ma ho cercato di attivarmi per rappresentare oltre alla trasformazione del “brutto anatroccolo” in cigno anche qualche disagio profondo perchè per una cosa che acquisti ne perdi un’altra e alla fine finisci col perdere te stesso.
Con quale criterio ha scelto gli attori?
Volfango De Biasi: Li amo molto, ho studiato recitazione a Parigi ed Los Angeles (sempre con l’idea di stare dietro la cinepresa, però) e preparando questo film ho sottoposto un po’ tutti ad una serie di provini sfiancanti. Volevo che chiunque dicesse anche una sola battuta nel film fosse un bravo attore. Spero di esserci riuscito. Detesto il fatto che oggi in Italia commedia e commerciale siano sinonimi di approssimazione. Credo che si debba dare il duecento per cento qualunque cosa si stia facendo. Poi come va va. Ma almeno si ha la coscienza di aver fatto il possibile. Vaporidis e la Capotondi sono tra gli interpreti più dotati della loro generazione, si sono messi in gioco con entusiasmo e professionalità. Cristiana conferma le sue qualità di sempre e dà il meglio di sé in un complesso doppio ruolo comico. Prima brutta poi bella, passando per una fase intermedia ricca di sfumature. Sono molto felice che abbia accettato di mettersi in discussione in questa maniera. Purtroppo qui in Italia accaede raramente. Anche gli altri attori sono stati preziosi e “giusti” da Giulia Steigerwalt a Niccolo’ Senni, Elisa D’Eusanio, Marco Foschi, Gigi Diberti, Gianfranco Barra, Paola Carleo e Paola Roberti venuti tutti a costruire i loro caratteri, dietro ognuno di loro c’è lavoro, trasformazione, gioco, tutti elementi che hanno contribuito ad un clima straordinario. Ho cercato di lavorare fino in fondo su ogni dettaglio con cura. Dalla recitazione all’inquadratura. Per questo film ho deciso di fare una regia di invisibile (senza quindi inquadrature forzatamente spettacolari) e di concentrarmi sulla ricchezza del fotogramma. Sull’accordo tra costumi e scenografia e fotografia. Ogni singola scena ha infatti una luce ed un costume preciso e particolare. E’ stato determinante allora poter contare sul set su un gruppo di grande qualità professionali ed umane, come Tani Canevari, con cui abbiamo studiato una fotografia che tenti di uscire dallo stereotipo di “due camere e cucina” lavorando sulla profondità della luce e del campo e allo stesso modo hanno fatto un grande lavoro Giuliano Pannuti per la scenografia e Monica Celeste per i costumi.
Qual’è il tipo di commedia che preferisce ed a cui aspira?
Volfango De Biasi: La commedia è bella tutta. Sia quella graffiante all’italiana, che quella classica e sofisticata all’americana. Per “Come tu mi vuoi” ho cercato di mettere dentro un po’ di elementi di entrambe. Per esempio ci sono alcune scene di ballo coreografate da Luca Tommassini. Ho sempre trovato divertentissimo vedere, nei vecchi film con attori come Cary Grant e Irene Dunne, i protagonisti prendere e lanciarsi in balli scatenati o mettersi a cantare. Sono scene che sotto sotto divertono tutti da quando esiste il cinema sonoro. Per questo film ho usato molto volentieri diversi brani noti, oltre a varie integrazioni originali opera di Michele Braga. Fra i vari generi amo molto anche il noir (girerei anche un horror per quel che mi riguarda) e mi piacerebbe raccontare storie emozionanti, con un tocco di magia. Insomma quello che da ragazzino consideravo essere il cinema. Uno spettacolo straordinario che fa sognare e che allo stesso tempo fa riflettere. Cercare un pubblico o cercare di divertire non può essere un male, anche se qui da noi, più che in altri paesi del mondo c’è una feroce, e a mio giudizio insensata, dicotomia fra autori “impegnati” e “commerciali”. Sarebbe bello smetterla con queste polemiche oziose ed impegnarsi a riportare il pubblico in sala con storie belle, con immagini oneste, con un occhio agli incassi ed uno ai contenuti. Perché fra una polemica e l’altra, un’invidia e un pregiudizio, si rischia di dimenticare che il pubblico è sovrano. E tutto il resto è alibi.
08/11/2007