Sinossi *:


L’Ora del Risveglio” è un omaggio alla città di Brescia e al suo patrimonio storico artistico, realizzato in occasione della riapertura dei musei successiva al lock-down determinato dall’epidemia covid-19 che ha tragicamente segnato la città – una delle più colpite al mondo -; un invito alla contemplazione della bellezza esteriore ed interiore che ci appartiene, ma allo stesso tempo uno stimolo a guardare con fiducia verso il futuro e alla condivisione come forma di resilienza.
Il film si compone di cinque atti, scanditi da cinque versi, e vede come protagonista la figura di un custode che, dopo il risveglio su un prato fiorito nel castello di Brescia, inizia un viaggio onirico all’interno di alcuni spazi museali (il Museo delle Armi, la Pinacoteca, Santa Giulia e il Capitolium), un viaggio che getta nuova luce sui significati culturali dei luoghi, instaura relazioni simboliche con le opere custodite nei musei e ricorda a ciascuno di noi come chiunque sia il custode dello spazio comune che abita, della vita collettiva a cui partecipa e alla cui crescita può contribuire.
I cinque atti sono preceduti da un prologo a carattere documentaristico che colloca il viaggio del custode nel momento storico in cui la avviene la performance e nomina emotivamente il periodo appena trascorso.
Realizzato insieme all’artista Davide Sforzini, la realizzazione del filmato è stata essa stessa concepita come una performance artistica: realizzato interamente in stopmotion e slowmotion (per marcare il passaggio da un tempo raffermo ad un tempo rallentato), le riprese ed il montaggio sono avvenute in cinque giorni e cinque notti, coniugando lo spazio diegetico ed extra-diegetico: cinque sono i capitoli ed i versi di cui è composta l’opera, e al numero cinque è associato l’Archetipo del Cercatore, simbolo dell’esplorazione e del cambiamento.
Il risultato è un lavoro dalla forte carica poetica, un percorso emotivamente coinvolgente e dal profondo valore artistico cui vi invitiamo a partecipare.

NOTIZIE 'L'Ora del Risveglio'



Note:
I CINQUE ATTI

PROLOGO – contesto
I primi giorni del lock-down a Brescia, le strade vuote e l’umanità scomparsa. Sirene di ambulanze su cavalcavia deserti e autostrade silenziose. Vista dall’alto la città è addormentata nel silenzio e le piazze sono sguarnite. Qualche rider sfreccia in bicicletta mentre dalle finestre si diffonde musica lirica. Nell’intimità di una casa, la televisione accompagna gesti di custodia. Il mondo sembra congelato in un arretramento silenzioso.

ATTO 1 – “custodisce l’alba di una vita nuova” (Giardini del Castello)
Dialogo tra la natura e un guardiano di museo. Dall’alto del castello della città inizia il risveglio, magico, amorevole. La natura, il custode / ‘genio’ protettivo si levano assieme per aprire lo sguardo sulla città tutta, ultimo destinatario del dono. Il processo inizia dal passato, dai musei, luoghi di conservazione della memoria, contenitori di identità, semi incorruttibili della nuova vita

ATTO 2 – “chi protegge dalle ferite del mondo andato” (Museo delle Armi L. Marzoli)
Proteggere, un’azione che in questo periodo ha assunto un significato ciclopico, proteggersi, proteggere gli altri da sé, salvare e salvarsi. Verificare, ordinare, risanare, per indossare corazze di storia. Il custode, l’uomo, colui che cura diventa parte stessa del patrimonio, nell’atto di cura si diventa patrimonio, si diventa gesto collettivo.

ATTO 3 – “trasforma la comunità in mondo nuovo” (Pinacoteca -Tosio Martinengo)
L’atto magico, la trasformazione, dall’identità alla rinascita. Un episodio apparentemente ironico che scardina il piano della narrazione, la risata che sconfigge il lutto interiore, tempo sospeso tra sogno e realtà. Nel momento nel quale agisco trasformo il tempo. Trasformo il tempo, mi trasformo nel tempo.

ATTO 4 – “chiunque rifiorisce nelle anime del tempo” (Coro delle Monache, S. Giulia)
Reincarnarsi, leggere lo spazio attraverso la misura del corpo, della carne. Spogliarsi delle sovrastrutture, per dialogare col sacro. Diventare germoglio di fiore, che sboccia ed appassisce in un continuo divenire. Posture iconiche, posizioni della gestualità sacra, diventare immagine, incarnare l’icona. Trasformarsi, l’espressione corporea scelta si ispira alla danza butoh, danza delle tenebre, della trasformazione continua, che nasce in Giappone dopo i disastri della seconda guerra mondiale, fondendo il linguaggio coreutico occidentale con il teatro tradizionale nipponico. Non si mima il moto dei fiori si diventa fiore, connessione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti, filo teso tra terra e cielo.

ATTO 5 – “nella cura di sé come nella cura dell’altro” (Parco Archeologico)
Arrivare ad oggi attraverso il luogo più antico, attraverso l’origine. Tutto si riunisce e trova la propria quadratura: spirito, corpo, natura, vita, morte, storia singola, città. Un teatro romano straordinariamente coperto di papaveri ci riporta simbolicamente alla polis, al valore civile, formativo, essenziale che le arti sceniche avevano nell’antichità. Ricondurre il sogno, l’ideale, il pensiero nel corpo, spostare il piano dal significato delle parole al potere narrativo del sentire, un atto dionisiaco, che ci riporta alla vita.

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