Sinossi *: L'inizio è un altro film, un noir americano dei primi anni '60, sviscerato e sventrato, le cui immagini torturate e “detournate” si organizzano in strutture precarie, fragili, mutevoli, in intrecci multipli di trame in collasso costante. Provocare la deflagrazione di un sistema chiuso attraverso un dispositivo di implosioni a catena. Dimenticare quel che si vede mentre ancora lo si osserva, e immergersi nella vibrazione ottica primitiva. Un urlo senza un perchè.
L'occhio umano può vedere grazie a fotorecettori, presenti sullo strato esterno della retina, sensibili alla luce emessa o riflessa dagli oggetti. La luce viaggia nel tempo e nello spazio a una certa velocità. Ad esempio, la luce solare impiega 8 minuti per arrivare ai nostri occhi, quella delle altre stelle diversi anni luce. Ma anche la luce generata o riflessa da un oggetto o una persona sulla Terra impiega un dato tempo, seppur ridotto e infinitesimale. Osserviamo sempre il passato, mai il presente. Esiste una distanza (brevissima, eterna) tra noi e l'immagine che abbiamo della realtà. Anche tra pensiero e azione, tra pensiero e linguaggio, troviamo una distanza simile, che è quella necessaria a trasmettere il segnale tramite impulsi elettrici dal cervello alle diverse parti del corpo.
“Miss Candace Hilligoss' flickering halo” è un film su questa distanza, sull'intervallo che contemporaneamente separa e unisce, sul silenzio tra le parole, e il nero tra le immagini. E' un film contro la dialettica degli opposti, montato secondo il principio d'indeterminazione di Heisenberg, e che ricorre al fenomeno della persistenza retinica come strumento espressivo.
La regia audio di Vincenzo Core ha reso l'elemento sonoro non un commento naturalistico realizzato a posteriori, ma un magma contrappuntistico che si è sviluppato con le immagini, e non su di esse, nell'intento di rendere l'esperienza una reale “audiovisione”.