Intervista a Marta Gervasutti sul film "Il Lupo"
Come è stato la sua esperienza sul set del film "Il Lupo"?
Marta Gervasutti: Istruttiva, si trattava di un film a basso costo, quindi energie e capacità dovevano essere utilizzate al massimo per poter raggiungere un obiettivo finale non semplice. Era anche la prima volta che facevo da aiuto regia a Stefano Calvagna, quindi il poco tempo a disposizione serviva a creare un rapporto tra noi due di complicità per non perdere tempo sulle comunicazioni all'intera trouppe. Non è stato semplice, ma portare a termine un progetto così ambizioso è decisamente soddisfacente.
Cosa ha apprezzato di più del regista Stefano Calvagna?
Marta Gervasutti: La determinazione e la capacità di affrontare tante problematiche insieme. Il talento creativo già deducibile dalla sceneggiatura del film e la capacità di riconoscere il potenziale di chi gli sta attorno.
Può svelarci qualche aneddoto particolare sulle riprese del film?
Marta Gervasutti: La cosa più particolare dell'intero set è che abbiamo girato in soli 20 giorni. Questo il pubblico non lo sa e affronta la visione del film come un prodotto normale. Dover assemblare in soli 20 giorni sparatorie, inseguimenti e flashback non è stato facile e guardando ciò che siamo riusciti a fare mi rende orgogliosa.
Di chi è stata l'idea di proiettare il film in anteprima al carcere romano di Regina Coeli?
Marta Gervasutti: Di Stefano, ne aveva parlato col direttore del carcere che era lieto di poter proiettare in anteprima il film per i detenuti. Successivamente però le forze dell'Ordine si sono opposte, perchè il film poteva istigare all'odio e alla violenza contro l'Arma dei Carabinieri e la proiezione a Regina Coeli non si è più fatta.
Crede siano state giuste alcune critiche sul film da parte dei famigliari delle vittime di Luciano Liboni?
Marta Gervasutti: Credo che queste persone rimarranno ferite profondamente per tutta la vita e l'odio che portano dentro per le ingiustizie subite non si cheterà facilmente. Hanno però preso la voglia di Stefano di raccontare la storia di un personaggio difficile come Liboni, come un affronto personale. Non c'era la volontà di offendere nè tanto meno di ferire nessuna delle vittime, tanto che la vicenda è solo liberamente ( quindi non del tutto ) ispirata a Liboni, i nomi non coincidono e le parti romanzate si fondono con quelle reali. Se non si potessero raccontare storie di criminali o di chi ha comunque fatto del male, o imporre il proprio punto di vista su accadimenti poco chiari resi pubblici solo in parte, allora non si potrebbero fare nè fiction nè film sulla Uno bianca, la banda della Magliana o peggio ancora su Hitler ed i campi di sterminio.
Calvagna ha dichiarato: "Non voglio fare di Liboni un eroe, ma nell'Italia dell'indulto e senza pena di morte, la sua tragica fine ha l'aria di un'esecuzione". Bonetti ha aggiunto: "Liboni è stato una vittima, non si può lavare il sangue con altro sangue". Concorda, vista anche la sceneggiatura del film, con quello che ha detto il regista?
Marta Gervasutti: Purtroppo il pubblico è abituato a vedere il personaggio principale come l'eroe della vicenda, quindi se da sceneggiatura o da montato finale appaiono scene che possano spiegare il perchè di una personalità difficile, si tende ad eroicizzare
Il Lupo, e niente altro, pur di creare la critica. Stefano si è posto sempre in maniera chiara: non fare di Liboni un eroe, raccontare la storia tra fantasia e realtà di un personaggio, così controverso da avere decine di racconti diversi sul momento della propria morte. Perchè? Stefano da sceneggiatura allora ci ha messo del suo: nessuno racconta la verità sulla morte di Liboni? Bene, allora creo un finale mio, se non c'è chiarezza sulla realtà, perchè mai dovrebbe esserci in un film? Il finale quindi verte sulla volontà di far riflettere sulla morte di un uomo che forse, poteva solo essere arrestato e non ucciso...motivo per il quale carabinieri e polizia si sono presi delle belle medaglie....
Lei in passato ha ricoperto ruoli di regia in alcuni film. Può spiegarci come è stato tornare, se così si può dire, a fare un aiuto regia?
Marta Gervasutti: Non è un tornare, è fare il mio mestiere. Sono ancora giovane e il mio primo film da regista l'ho girato a 25 anni. Credo che sia fondamentale ricoprire ruoli che mi possano aiutare ad imparare sempre di più. Fare l' aiuto regia è e sarà sempre, anche quando girerò un altro film, qualcosa che continuerò a fare, per crescere e per lavorare nel cinema, cosa che adoro e non smetterò mai di fare.
Come considera il panorama cinematografico italiano del momento?
Marta Gervasutti: Se parliamo dei film prodotti sono fiera del cinema italiano, che ricopre tutti i generi,dai film vanziniani, a quelli impegnati come per i fratelli Taviani o il grande Martinelli, ai film teenager come "
Ho Voglia di Te"... Il pubblico andrebbe educato a guardare tutto però e ad avere un amore per l'immagine, non solo per una storia che si racconta; quindi è la distribuzione che fa acqua da tutte le parti. Sono i film con maggiore incasso e quindi con maggiore pubblicità che arrivano nelle grandi sale, e ci rimangono solo se l'incasso è all'altezza, altrimenti sono gli esercenti stessi a sbatterlo fuori dal botteghino. Lo trovo ingiusto. Per l'Italia creare un film è una fatica enorme: non ci sono soldi, in pochi credono realmente nella magia del cinema e soprattutto a fare un film si è in tanti. E' come se non ci fosse rispetto per tutte queste persone, come se il loro lavoro non fosse così importante da poter essere giudicato.
Come crede si possa migliorare la distribuzione delle pellicole italiane in sala, visto che anche "Il Lupo" è uscito solo in pochissimi cinema?
Marta Gervasutti: Sono i soldi che mancano, e questo è il problema generale della distribuzione italiana. Poi ogni film ha la prorpia storia; per
Il Lupo è stato complicato anche perchè diversi esercenti si rifiutavano di proiettarlo per via delle tematiche affrontate, e qui si torna al discorso di prima... La distribuzione, oltre ad essere la fruizione di più copie del film che vanno i giro per l'Italia è soprattutto la volontà dell'esercente. Con tutti questi multi sala con 20 sale ognuno, potrebbero scomodarsi a dedicare sempre e per forza almeno tre sale a film italiani, non per una settimana, ma almeno tre, in maniera da rendere possibile un passa parola, che in Italia funziona molto di più che essere subissati da cartelloni per la città!
Quali sono i suoi prossimi progetti lavorativi?
Marta Gervasutti: Continuerò a lavorare con la Poker film, la casa di produzione di Stefano Calvagna e Carlo Bernabei. Stiamo formando un gruppo ben affiatato e soprattutto con una grande voglia di fare, tanto da scrivere, realizzare e distribuire i nostri prodotti.
03/04/2007
Simone Pinchiorri