Intervista a Capece e Moio, registi di "Alieno, l'Uomo del Futuro"
Ci potete parlare del vostro film "Alieno, l'Uomo del Futuro"?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: "
Alieno, l'Uomo del Futuro" racconta la storia di un uomo, Alieno, che non è in grado di provare emozioni sin dalla nascita. Nonostante ciò, Alieno osserva e riproduce le azioni di altri cinque personaggi passionali, tipicamente italiani.
Come avete "costruito" il personaggio di Alieno e che caratteristiche gli avete dato?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Il personaggio di Alieno è costruito secondo gli elementi della "logica" e della "curiosità". Tutte le riflessioni di Alieno sulla condizione umana sono spietate e oggettive, necessariamente insindacabili.
Pensate veramente che "Alieno" possa essere l'uomo del futuro?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Alieno rappresenta una estremizzazione dell'essere umano. L'uomo ha sicuramente bisogno di emozioni, ma di quelle "alte", non di quelle indotte. Viviamo in un secolo in cui c'è molta sofferenza lenita da facili intrattenimenti. L'essere umano ha anche e soprattutto bisogno di riflettere per evolversi.
Cosa avete curato nel montaggio, nella fotografia e nelle riprese del film?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Pensiamo che nel cinema, quello che piace a noi, la tecnica debba essere sempre schiava della storia che si vuole narrare. Noi siamo molto attenti a garantire l'unità del film. La fotografia, la regia e il montaggio di "
Alieno, l'Uomo del Futuro" rispondono a un codice preciso, che parte dal punto di vista razionale del protagonista. Alieno ha una visione oggettiva del mondo e cerca l'essenza dietro le forme, ma non la trova mai. Per questo, l'immagine del nostro film è sempre nitida, tutti i colori sono in risalto, i movimenti di macchina sono sempre fluidi, le inquadrature sono molto curate nella coreografia e nella composizione, il montaggio segue un ritmo lento, contemplativo, logico e ipnotico. Lo spettatore, quello che osserva, trova il riflesso di sè stesso e viene portato a riflettere sulla condizione umana.
"Alieno, l'Uomo del Futuro" ha preso parte al Festival des Films du Monde de Montreal 2007, insieme a film di registi molto noti. Quale è stato il percorso che ha portato la pellicola ad essere visibile in una vetrina così importante?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Abbiamo semplicemente spedito un DVD, da perfetti sconosciuti, consapevoli che, almeno per il momento e a torto secondo noi, un film in HD, ha molte meno possibilità di essere selezionato rispetto a un film in pellicola. Montreal è un posto in cui convivono diverse culture e in cui il cinema e l'arte in generale rivestono un ruolo importante nella vita dei cittadini. Siamo molto felici e fieri di questa selezione.
Il vostro film è stato molto apprezzato dal pubblico e dalla critica al festival di Montreal. Ve lo apettavate questo successo?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Sì e no, per noi è stata e sarà sempre una sfida. Il motivo è semplice. La prima domanda che ci siamo posti, prima di trasformare l'idea dell'Alieno in una sceneggiatura e, successivamente, in un film è stata: "Così, diciamo qualcosa di nuovo?". Pensiamo seriamente che il dovere di ogni buon autore sia quello di cercare una prospettiva nuova, uno sguardo fresco, una strada non ancora battuta, senza necessariamente arrivare al puro sperimentalismo. In questi processi, quindi, non sei mai sicuro di come possa reagire la gente. Molte persone erano venute a vedere un "dramma" tipicamente made in Italy, ma noi siamo stati onesti: ci siamo presentati in sala come una sorta di "nouvelle vague italiana" dicendo al pubblico che avrebbero visto qualcosa di nuovo. Il film ha avuto quattro proiezioni a Montreal e ha prodotto quello che ci auguravamo: è stato onorato da un pubblico attento che ha aspettato le luci in sala per parlare diffusamente con noi in merito agli spunti di riflessione offerti dalla storia. Il film è stato sempre accompagnato da interviste e congratulazioni da parte degli addetti ai lavori, segno che forse dall'Italia ci si aspetta anche qualcosa di diverso.
Due aneddoti per tutti: molti critici stranieri e il presidente dell'istituto italiano di cultura, Angelo Mazzone, hanno apprezzato molto la novità del film e ci hanno affettuosamente incoraggiati nel nostro percorso; un folto gruppo di italo-canadesi, molto calorosi e gentili, hanno improvvisato un party dopo le proiezioni.
Voi avete fondato la Italia Vision Production. Cosa vuol dire in questo momento fare cinema indipendente in Italia?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Spesso il termine "indipendente" è legato a opere improvvisate di bassa qualità, oppure a opere che possiedono solo una buona qualità narrativa. Non si può fare un buon film a zero budget, ma non ci vogliono cifre astronomiche per raccontare bene una buona storia. Noi crediamo che, grazie alla tecnologia, al "buon senso" e alla sana collaborazione, si possa fare del buon cinema a tutti i livelli (narrativo, estetico, etc.) anche con budget relativamente limitati. Non facciamo necessariamente dell'indipendenza e dell'autoproduzione una bandiera contro il sistema, ma certo è che continueremo a girare da indipendenti se non vi sarà, per noi, altro modo di farlo in Italia. Lavoriamo bene in coppia perchè guardiamo parecchi buoni film (sembra banale ma non lo è), e perchè tra di noi non esiste mai il "no" categorico, ma sempre una riflessione attenta e logica su quello che ci convince o non ci convince. Insomma nel nostro lavoro c'è la parte "buona" dell'Alieno. Crediamo molto nelle coproduzioni, anche con altri paesi, e abbiamo in cantina parecchi progetti.
La pellicola avrà una distribuzione in sala?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Prima di porci il problema della distribuzione cercheremo di ottenere qualche altra selezione per il film. Sappiamo che distribuire un film indipendente in Italia è un'impresa assai ardua. Il problema fondamentale su cui tutti dobbiamo riflettere si riassume nella domanda: esistono in Italia distributori ed esercenti cinematografici in grado di proporre un'alternativa reale ai film "riempisala"?
Come credete si possa migliorare la distribuzione delle pellicole italiane in sala?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Voi giornalisti e divulgatori svolgete un ruolo fondamentale per creare la giusta risonanza. L'augurio è che queste selezioni non passino mai inosservate e che non si pubblichino esclusivamente i gossip legati al cinema. Per quanto riguarda il grande schermo poi, sappiamo che in Svizzera, ad esempio, una legge dello stato obbliga gli esercenti delle sale a proiettare, fermi restando la scelta della data e dell'orario di proiezione, tutti i film proposti da un distributore.
Come considerate il panorama cinematografico italiano attuale?
Mauro John Capece e Pierpaolo Moio: Pensiamo che l'Italia abbia molti registi validi. A noi piace, ad esempio, il cinema di Crialese, di Piva, di Garrone, di Sorrentino, solo per citarne alcuni e solo tra le nuove leve. Tuttavia esiste molto cinema italiano che non ci piace o che, se pure è "ben fatto", ha il sapore di "già visto" o pecca spesso di troppi "provincialismi". Il nostro sforzo è stato quello di parlare dell'Italia, per mezzo di una storia nuova, usando un linguaggio, il più possibile, universale. Won Kar-Wai e Kim Ki-Duk, che appartengono a culture lontane e girano film in estremo oriente, riescono a distribuire in Italia, a "farsi capire" dagli italiani. Noi vogliamo "farci capire" da un pubblico straniero, oltrechè dagli italiani.
17/09/2007
Simone Pinchiorri